grazie.
la scorsa settimana è passata qua in studio una nostra collaboratrice abbiam fatto recentemente un lavoro per un cliente stavamo parlando è saltato fuori che questo cliente le ha scritto un’email per ringraziarla del lavoro svolto.
beh mi son commossa, fa sempre piacere quando qualcuno si rende conto delle robe che hai fatto per lui e perde due minuti per dirti grazie, non capita mica spesso.
immagino. a me non ha mandato nessuna email di ringraziamento. in effetti, le ho detto, a me non è mai capitato che un cliente mi scrivesse per ringraziarmi. tornano quasi tutti quasi sempre a far altri lavori, che si trovan bene a lavorare con me. ma mai uno che si sia sentito in dovere, oltre che di pagare, anche di scrivermi una lettera di ringraziamenti, di complimenti.
ma dai, sul serio?
sì. ma credo sia colpa mia, che sono un po’ un orso. al mio socio l’anno scorso invece gli è capitato. che lui secondo me piace di più alla gente. ha fatto un lavoro per una ditta, è venuto bene, a fine lavoro gli han mandato una lettera piena di complimenti e di ringraziamenti, gli hanno pure fatto un regalo.
ma dai.
sì. solo che poi quest’anno il lavoro l’han fatto con un altro fotografo che costava di meno.
certe volte la gente è strana.
son tre notti di fila che dormo poco, stamattina mi son svegliato alle sei del mattino mi son rotolato un po’ nel letto poi mi son tirato su con calma ho fatto la doccia alla ozy che è stata in gita qualche giorno dai suoi amici bassotti ciuloni è tornata che puzzava come il demonio. già ieri sera si intuiva che c’era bisogno di fare un lavaggio straordinario, quando mi son svegliato ho avuto la conferma, una roba che non si respirava tra me e lei non si capiva chi aveva più bisogno di una doccia, diciamo pure che ne aveva più bisogno la ozy ma anche io che son tre notti che non dormo mica profumavo di mughetto, ci siam lavati un po’ tutti. poi mi son ricordato che la cucina aveva bisogno di una sistemata, ho pulito la cucina poi son venuto in studio. con calma. che mi son fermato a fare colazione al bar ho incontrato uno che conosco abbiam fatto due chiacchiere.
e mentre venivo qui in studio ho pensato una cosa. che non sarò ancora diventato ricco, anche se mi riprometto di diventarlo prima o poi, ma almeno una cosa buona nella vita l’ho fatta. avere un lavoro mio che la mattina non devo correre come un deficiente per arrivare in orario, che posso fare le cose con calma, cominciare quando voglio, finire quando voglio.
che il dolore più grande da un punto di vista scolastico e lavorativo me l’ha sempre dato l’obbligo di dovermi svegliare presto per sottostare agli orari di qualcun altro, non potermi tirare su con calma. e infatti adesso non è che mi sveglio alle dieci del mattino. mi sveglio comunque prestissimo. ma con la libertà interiore che se mi vien voglia di girarmi dall’altra parte, è un problema solo mio.
poi, volevo dire, questa settimana abbiamo qui una ragazza in studio, una stylist. stiam facendo un lavoro per un cliente della moda bambino, abbiamo in studio questa collaboratrice esterna. e io non lo so, avrà ventitrè ventiquattro anni, è arrivata che ci dava del lei, a me e al mio socio, il primo giorno. le ho spiegato subito che qui non ci si dà del lei, siam gente serena giovane dentro. poi ieri ad un certo punto io avevo dormito poco il mio socio aveva dormito meno di me, era pomeriggio avevamo un umore un po’ così abbiam detto oh, facciamo che andiamo a mangiarci un gelato. e siamo andati. io, il socio, la collaboratrice esterna. e mentre ero lì con la coppetta in mano, in piazza flaminio a guardar le case dall’altra parte del meschio a pensare tra me e me ai miei casini, avevo in parte questa collaboratrice esterna che aveva voglia di far conversazione mi ha fatto una raffica di domande anche molto personali io ad un certo punto mi son dovuto imbarazzare.
l’uomo perfetto.
è stato un fine settimana rocambolesco, tanto per cambiare, ed è successo ad un certo punto domenica sera che ci siam trovati qui in studio che eravamo io il mio socio e altri due amici intervenuti per dare una mano. era quel momento che si era fermato tutto, avevam finito di fare le cose che dovevamo fare, stavamo tirando il fiato prima di staccare corrente chiudere lo studio andare a berci una birra. e visto che sempre di lavoro non si può parlare, ad un certo punto il discorso è virato per un attimo sull’argomento figa. che non si sa come mai, sarà questo clima marzolino, sembra quasi d’essere in primavera c’è tutte delle cose strane nell’aria e ad un certo punto il mio socio ha detto sì comunque più vado avanti più ho l’impressione quasi la certezza che tutte le donne con cui ho a che fare non ce ne sia una sana di mente.
eh, perchè noi invece, gli ho detto io.
noi cosa?
no dico, noi qua che passiamo i finesettimana a lavorar come degli stupidi a farci un mazzo così a non aver tempo per noi e per la gente che abbiamo intorno e almeno fossimo diventati ricchi sfondati invece siam qua a controllare se nel portafoglio abbiamo abbastanza monetine per andare a finire sta domenica di merda con una birra e un panino, noi invece siamo normali di testa, siamo il sogno di ogni donna libera, vero?
sulla crisi dei quarantanni.
un paio di giorni fa c’era qui in studio un mio amico molto amico, aveva una brutta giornata ci siam messi a parlare gli giravano i maroni che fa fatica a relazionarsi col mondo. la parola giusta sarebbe depressione, ma siccome è una parola che proprio non sopporto, vorrei evitare di usarla.
e ad un certo punto gli chiedevo ma stai male perchè giran pochi soldi? no, mi diceva lui, i soldi che ho van bene così, perchè tanto anche se ne avessi di più cosa ci farei? ogni mese troverei il modo per spenderli in oggetti inutili, una volta il cellulare, una volta la moto, una volta qualcos’altro, anche ad aver più soldi finirei soltanto per attorniarmi di oggetti inutili comprati per placare un’insoddisfazione momentanea. ma sai cosa? prima o poi mi ritroverei comunque infelice.
stava messo male il mio amico un paio di giorni fa. poi ieri l’ho rivisto, stava meglio.
e io invece è da una vita che vivo così. non che abbia tanti soldi da spendere in oggetti inutili e costosi, magari. ho sempre avuto una predilezione per gli oggetti inutili e poco costosi. che poi son comunque tanto costosi rispetto alle disponibilità, ma insomma si fa quel che si può.
il rischio è sempre quello di diventare come i quarantenni che hanno la crisi dei quarant’anni, arrivano ad un punto che con la moglie scopano poco, il lavoro non gli dà più soddisfazione, frequentano sempre la stessa gente e si annoiano, vorrebbero saltare addosso a una ventenne ma han paura di combinar casini meglio se non lo fanno, e per evitare di impazzire comprano una bicicletta da cinquemila euro. poi la usano tre volte, si rendono conto che non hanno più il fisico e la bici rimane in garage. e così in qualche maniera han superato la crisi dei quarant’anni. se anzichè comprar la bici si scopano invece la ventenne, stesso risultato, dopo un po’ si accorgono che non hanno più il fisico e se non si sono fatti scoprire dalla moglie la crisi è ugualmente superata.
per quel che mi riguarda, per sopperire a delle mancanze affettive e per evitare di affrontare le mie scarse capacità di relazione con il mondo esterno mi attornio di oggetti. c’è di buono solo una cosa, che ogni volta che lo faccio mi ci appassiono e adotto un approccio attivo. tecnicamente parlando, smonto e rimonto tutto quanto. credo che sia l’unica cosa che mi ha sempre salvato dal sentirmi un quarantenne in crisi. poi periodicamente mi accorgo che sono infelice, ma è una cosa con la quale ho imparato a convivere.
ultimamente, per dire, mi è tornato in auge il concetto di bicicletta. dopo un’adolescenza passata a pedalare con tanto vigore e passione fino all’arrivo del ciao piaggio comprato a ventanni, e dopo un periodo di spostamenti a motore durato quindicianni, mi sono accorto che da un po’ di tempo a questa parte lavoro a quattro chilometri da casa, e per quanto mi piaccia tantissimo guidare la mia macchina che fa parte degli oggetti inutili che ho comprato alla quale mi sono approcciato attivamente smontandola e rimontandola più volte, ho pensato che sarebbe una cosa buona rimettermi a pedalare. così magari ne approfitto per smetter davvero di fumare e per muovermi un po’, che ad una certa età fa solo bene. metti mai che capiti di finire a letto con una ventenne.
e allora niente, nell’ultimo mese ho comprato i pezzi che mi servivano, ho messo insieme una bici ho iniziato a pedalare. non va neanche male, pensavo peggio, pensavo di lasciarmi morire in un fosso dopo la prima salita, e invece mi sembra che tutti quegli anni di bicicletta adolescenziale a qualcosa sian serviti.
poi settimana scorsa son passato al negozio di biciclette qui davanti, mi servivano le fasce da metter sul manubrio e una pompa col manometro, mentre ero lì che aspettavo il commesso stavo gironzolando per il negozio, mi sono avvicinato a una bici da corsa in esposizione.
non una qualsiasi. una per quarantenni in crisi, tutta in carbonio e lega leggera, roba da cinquemila euro come ridere. e siccome le mani in tasca non so tenerle ho provato a sollevarla. vi è mai capitato di dover tirare su un secchio da terra, siete convinti che sia pieno e pesante e quindi nel sollevarlo ci mettete la forza che ci mettereste per sollevare un secchio pieno, poi invece non vi eravate accorti che il secchio era vuoto, e nel sollevarlo con la forza che ci avete messo ci rimanete di merda per un brevissimo istante? ecco, nel sollevare la bici per quarantenni in crisi ho provato quella sensazione lì.
ho comprato le cose che mi servivano, sono uscito dal negozio che mi sentivo un poveraccio, ho provato invidia, che ho pensato dev’esser bello aver cinquemila euro da spendere per una bici dove non serve poi sistemare nulla, è perfetta così, basta che entri in negozio, la compri con la carta di credito, te la metti sotto il culo e sei pronto per andarci in giro pedalando su una cosa che non pesa niente, senza far fatica. dev’esser proprio bello piacerebbe anche a me. poi però subito dopo ho pensato delle altre cose. che intanto a comprare una bici da cinquemila euro son capaci tutti basta avere soldi da buttare, poi non devi metterci le mani e se ce le metti rischi solo di far dei danni, vuoi mettere quanto è più bello imparare qualcosa documentarti prender pezzi vecchi sistemarli metterli insieme rompere qualcosa ricomprare i pezzi sgrassare oliare sporcarti le mani sentirti più uomo nel momento in cui hai le mani sporche avere il tempo di un mese per mettere insieme una bici pensare a quanto sarà bella quando sarà finita e poi quando sarà finita renderti conto che pesa molto più di una bici in carbonio e che magari non ti lasci morire nel fosso dopo la prima salita ma ci manca poco.
che certe volte nella vita è anche bello far fatica, sporcarsi le mani, innamorarsi degli oggetti e passarci del tempo insieme.
e fare pace con la propria infelicità.
big in japan.
ho un umore in questi giorni.
ho i vestiti, non ho la faccia. ho il pane, non ho il burro. ho la finestra, non ho lo scuro.
ma in giappone sono alto, in giappone sono alto, in giappone sono alto.
a fare una stronzata siam bravi tutti. a chiedere scusa invece no.
e allora é successo che ieri sera sono andato a un concerto a trieste suonava paul gilbert. magari non tutti lo sanno, paul gilbert é uno dei chitarristi più bravi del globo terracqueo, un punto di riferimento.
a questo concerto alla fine mi son ritrovato ad andarci da solo, che chi era a francoforte chi doveva tenere i figli chi non aveva soldi da spendere, ieri sera son partito con la mia macchina ad ogni incrocio mentre andavo via pensavo ma quasi quasi giro a destra torno verso casa cosa ci vado a fare da solo come un cretino fino a trieste, che l’ultimo disco di paul gilbert non mi è neanche piaciuto più di tanto, con quel che costa la benzina, quasi quasi giro a destra vado da maxvideo mi prendo un film e poi dritto a casa sul divano. poi all’ultimo incrocio utile ho pensato e va bene vado a trieste anche da solo mica bisogna aver sempre intorno qualcuno per stare bene.
e ho tirato dritto.
poi sono arrivato a trieste era già un po’ tardi ho fatto un giro veloce intorno alla via ghega a cercare un parcheggio, trieste sarà anche una bella città col suo mare e i suoi bolliti col kren, ma parcheggiar la macchina a trieste intorno alla via ghega, trieste è brutta quasi come milano. era un po’ tardi mi sono infilato dentro il parcheggio a pagamento della stazione, che è poi uno di quei parcheggi a più piani ho lasciato la macchina al secondo piano ho cercato l’uscita per tornar fuori c’era la porta che dava sulle scale l’ho aperta c’erano due zingari per terra col sacco a pelo che dormivano ho aperto la porta si son svegliati di colpo han tirato un urlo si son spaventati mi son spaventato pure io. scusate, ho detto, e li ho scavalcati nei loro sacchi a pelo. poi scendevo le scale a metà rampa un’altra famiglia di zingari, dico zingari non lo so se eran zingari, avevan la faccia un po’ come da zingari ma magari non erano, zingari. anche loro con un materassino, delle coperte, dormivano lì. scusate, e son passato sopra anche a loro cercando di non calpestargli troppo il materasso, poi son sceso in fondo alle scale, un barbone anche lui col suo sacco a pelo, dico barbone, aveva la barba molto lunga, mi ha ha chiesto una sigaretta, non ce l’avevo. buona sera mi ha detto. buona sera anche a lei. e son venuto fuori dal parcheggio sono andato al teatro dove suonava paul gilbert, pagato il biglietto, il tempo di andare a pisciare e ha iniziato a suonare.
e niente ha suonato, io ero un po’ in fondo ad un certo punto stava suonando lì sul palco l’ho visto che si è chinato di scatto ha tirato via dalle mani qualcosa a uno del pubblico e l’ha tirato dietro le quinte con la faccia un po’ incazzata. io ero un bel po’ dietro, da lì mi era sembrato che avesse tirato via dalle mani da quello del pubblico un telefonino, per poi lanciarlo dietro le quinte.
che mi è venuto da pensare ma che cazzo fa? mica gli saran girate le balle perchè uno lo stava fotografando o riprendendo e gli ha lanciato via il telefonino? sarà la maniera? e mi sembrava strano, perchè di chitarristi bravi famosi e stronzi incagabili è piena la storia del rocchenroll, ma paul gilbert no. che non ci ho mai cenato insieme ma insomma a vederlo così da tutti gli anni che lo vedo ero proprio convinto fosse una bella persona.
ed è andato avanti a suonare un paio di pezzi e vedevo che faceva di tutto per non guardare in basso la prima fila. poi si è fermato ha parlato al microfono ha chiesto scusa. insomma ha detto guarda scusami che prima ti ho lanciato il telefonino dietro il palco, ho fatto una stronzata solo che son fatto un po’ all’antica mi piace suonare davanti a della gente e guardarla in faccia tu eri qua sotto che mi riprendevi da mezz’ora con sto cellulare piantato davanti non ne potevo più scusami, dopo te lo vado a prendere e te lo ridò, mi spiace.
poi alla fine il concerto è finito son venuto fuori dal teatro son tornato a prendere la macchina al parcheggio, per non disturbare nessuno anzichè salire dalle scale che eran piene di gente che dormiva sono venuto su dalla rampa dove salgono le macchine son ripartito.
solo, non avevo voglia di prendere l’autostrada, che da quando ho cambiato macchina ho riscoperto il piacere della guida, prendere le autostrade mi infastidisce, ero da solo era mezzanotte e mezza, non mi aspettava nessuno avevo un umore un po’ strano ho acceso il navigatore gli ho chiesto di portarmi a casa evitando le strade a pedaggio son partito.
e avevo appunto un umore un po’ così, guidavo, la radio a volume basso, pensavo ai miei pensieri, seguivo le indicazioni del navigatore ad un certo punto ero preso da questi pensieri anche non tanto belli mi son trovato fermo a un semaforo e mi sono accorto che lo conoscevo, quel semaforo.
un semaforo che non ci capitavo da degli anni, e degli anni fa a quel semaforo di latisana ci ho passato uno dei periodi più brutti della mia vita.
e niente, di trovarmi fermo a quel semaforo ieri notte verso le due del mattino, che non me l’aspettavo, mi si è schiantato il cuore.
sulla merdizzazione interiore.
qualche giorno fa ero in giro per conegliano sullo stradone che attraversa il centro, ero insieme al mio socio fotografo avevamo parcheggiato stavamo andando a piedi da un cliente. vestiti anche bene.
e stavamo parlando delle nostre cose ad un certo punto il mio socio fotografo dice aspetta un attimo che tiro su la catena alla bambina.
mi giro, c’era una mamma con una bimba avrà avuto quattro anni, indiane, avevano anche i loro vestiti tipici indiani, la mamma era lì che stava cercando di tirar su la catena a questa biciclettina rosa.
che io non le avevo nemmeno viste, il mio socio in un attimo è andato lì ha detto alla signora aspetti faccio io e si è messo a trafficare sulla biciclettina. mi son messo lì anch’io.
abbiam ribaltato la bici, io più che altro tenevo ferma la biciclettina e davo dei consigli.
che la catena era scesa sia dall’ingranaggio davanti che da quello dietro, poi la catena era protetta da un coso di plastica, è stata un’impresa un po’ complicata il mio socio ha tirato giù il coso di plastica tira e molla alla fine ce l’ha fatta, a rimettere apposto la catena tutto come nuovo.
la bimba era contenta, anche la mamma, ho detto alla bimba beh, dagli un bacio al mio socio fotografo, gli ha dato un bacino sulla guancia, ci hanno ringraziati, sono andate via.
ho guardato il mio socio fotografo, aveva tutte le mani nere di grasso della catena, ci siam guardati un attimo come dire ecco, le cose che succedono ai super eroi. c’era lì una fontanella, ha preso un po’ di terra dall’aiuola ha iniziato a sfregarsi le mani a lavarsi, è riuscito a pulirsi un po’, siamo poi andati dal cliente.
da tutta questa avventura, mi son venuti due pensieri, il primo, l’ammirazione per la naturalezza del gesto con cui il mio socio fotografo ha visto la mamma e la bambina in difficoltà e si è fiondato a dare una mano. non so come spiegarlo, è stato proprio un gesto paterno molto bello, sarà che il mio socio fotografo ha tre figli, magari certi istinti ti diventano spontanei immediati quando sei un papà. magari gli sarebbe venuto spontaneo e immediato anche se non aveva i tre figli, che il mio socio fotografo io lo devo dire è proprio una bella persona. però insomma, mi ha lasciato lì così fatto che non ci abbia pensato un attimo e si sia precipitato a imbrattarsi le mani di grasso.
e allora mi è venuto il secondo pensiero, che mi son sentito una merda. intanto perchè io la mamma e la bimba in difficoltà non le avevo nemmeno viste. e in effetti devo averle viste per forza, perchè erano lì dove stavamo camminando noi, e come le ha viste il mio socio fotografo devo averle viste per forza anche io. e quindi mi è venuto il dubbio che magari invece le ho viste, ma il mio cervello già proiettato sul dover andare vestito bene dal cliente, proiettato a pensare alle cose da dover dire al cliente eccetera, il mio cervello non me le abbia fatte notare, la mamma e la bambina. e poi mi son sentito ancora di più una merda per via del fatto che se anche il mio cervello me le avesse fatte notare, io non lo so se mi sarebbe venuto l’istinto spontaneo immediato di mettermi lì a tirar su la catena alla biciclettina.
che le cose come il rischiare di far tardi, di sporcarmi tutte le mani di grasso prima di andare da un cliente, io probabilmente avrei fatto finta di niente e avrei tirato dritto. e questo, ho pensato, deve essere il risultato di anni e anni di merdizzazione interiore. perchè così come ho il sospetto che in quel momento probabilmente avrei tirato dritto, ho anche la certezza che qualche anno fa non ci avrei pensato un secondo e mi sarei fiondato sicuramente ad aiutare la mamma e la bimba in difficoltà, anche se poi mi sporcavo le mani non sarebbe stato un problema.
e invece adesso forse lo sarebbe stato, un problema. questa cosa, del mio cervello che una volta era un cervello normale con degli istinti naturali spontanei e adesso si deve esser trasformato in una merda che dà la priorità al non sporcarmi le mani di grasso prima di andare da un cliente, mi ha fatto sentire uno schifo.
e oltre a sentirmi uno schifo, ho provato dell’invidia per l’istinto naturale spontaneo, paterno o non paterno non saprei dirlo, del mio socio fotografo.
poi ho pensato che è anche una cosa molto bella avere un socio fotografo così. sapevo già che di robe da insegnarci a vicenda ne abbiamo un bel po’, da un punto di vista strettamente fotografico, però ora so che lui ha da insegnarmi anche delle cose da un punto di vista strettamente legato alla capacità di stare al mondo.
ogni mattina in africa.
ultimamente ho intorno delle persone sportive che nel tempo libero vanno a correre, si tengono in forma, fanno bene. e mi fanno questi discorsi, di quanto fa bene, che non vedo l’ora di finir qua così vado a correre e mi rilasso, e domani ho proprio bisogno di andare a correre che negli ultimi due giorni non ho corso sto male, e no no no no questa sera proprio non posso che devo andare a correre.
tre settimane fa aveva appena finito di piovere ho portato la ozy a fare un giro del lago morto, ho provato.
la ozy è il cane che mi vive in casa, il lago morto è un laghetto che sta qui vicino c’è il sentiero in mezzo al bosco si può fare il giro del lago una cosa da tre quarti d’ora a passeggio.
e quindi, ero lì con la ozy, mi ha preso in una maniera che mi son messo a correre. non ero neanche vestito come si deve, avevo la saloppa e le scarpe da montagna, che chissenefrega mica bisognerà metter su la tutina firmata per fare una corsetta, mi son messo a correre con la ozy che mi veniva dietro, eran vent’anni che non correvo.
che di attività fisica ne ho sempre fatta poca, correre è una cosa che non mi è mai piaciuta, ma fa niente mi son messo a correre ho corso per mezzo lago.
non so quanto sarà, così a occhio saran due chilometri, poi stavo per morire di infarto ho continuato a piedi, poi altre due corsettine, ho fatto il giro del lago son poi tornato a casa mi sentivo un eroe, che avevo corso.
solo, ecco, a correre così senza le attrezzature adatte, a non essere abituato, con la saloppa e le tasche con dentro portafoglio cellulare chiavi di casa guinzaglio della ozy, un fisico non abituato a far dei chilometri di corsa, mi è venuta su un’irritazione alla pelle, una roba fastidiosa.
che ho detto boh, passerà. e invece non passava. tutta un’irritazione, la sera veder l’irritazione pensare orcocane due chilometri di corsa e guarda come mi son ridotto.
e insomma son passate tre settimane, l’irritazione non passava sono andato dal dottore, gli ho raccontato della corsa, ha guardato, mi ha dato una pomata.
mi ha detto poi il dottore guardi, io faccio il medico sportivo, mi son fatto un’opinione.
che lo conosco da dieci anni, il mio dottore, son dieci anni che mi dà del lei.
mi ha detto vede, la sera mi piace guardare il canale del national geographic. ha presente i documentari coi leoni? ecco. lei ce l’ha in mente come è fatta una leonessa, è una bestia costruita per correre, con tutta un’agilità, una struttura, una forza, è fatta per correre. eppure, ha mai visto una leonessa mettersi a fare jogging? no. la leonessa corre solo quando deve acchiappare una preda. mentre per tutto il resto del tempo se ne sta al sole a dormire e a farsi i fatti suoi. insomma, se potesse evitare, eviterebbe di correre. è costretta per via del fatto che deve acchiappare l’antilope.
allora, mi ha detto, io la penso così, che noi esseri umani per procurarci il cibo dobbiamo fare una cosa, che è lavorare. e secondo me lavoriamo anche troppo.
e quindi di correre possiam farne tranquillamente a meno.
corso online avanzato di fotografia applicata.
quando dovrete andare a fotografare per un cliente nuovo, ad un evento molto importante in cui presenziano personalità di rilievo che arrivano da tutto il mondo, anche se dovrete svegliarvi presto e vi sveglierete con un mal di testa feroce, fate attenzione a quali braghe metterete su.
dico, fate attenzione, perchè potrà capitarvi di sbagliare e di mettere su quel paio di braghe con uno strappetto sul culo, che non le avete ancora buttate per via del fatto che nella vita non si sa mai, magari poi trovate il modo di ripararle, e nel frattempo son lì che girano nell’armadio. ecco, potrà capitarvi se non ci state attenti di mettere su per sbaglio le braghe con lo strappetto dietro, sul culo. e quando arriverete lì, tutti belli fighi tirati a lucido con la camicia nera che ultimamente a forza di far vita di merda anche la camicia nera quella stretta attillata ha ricominciato a starvi bene e i bottoni non tirano più sulla pancia, comincerete a gironzolare tutti fieri con la vostra macchina fotografica finchè non dovrete fare un’inquadratura bassa, e nell’abbassarvi vi si aprirà uno sbrago, sul culo, di una spanna buona. e nemmeno ve ne accorgerete. continuerete quindi a gironzolare finchè la cliente non vi dirà: ma tu proprio oggi dovevi metterti i pantaloni strappati?
sarà lì che, se non siete stati attenti e la mattina vi siete messi per sbaglio delle braghe che non andavano bene, vi ritroverete con mezzo culo di fuori. se sarete fortunati la cliente importante sarà anche una signora molto gentile, comprensiva, carina e materna quanto basta per portarvi in una stanzetta dove vi farà tirar giù le braghe e ve le ricucirà al volo con ago e filo d’emergenza mentre voi fate conversazione con lei in boxer a quadretti e calzini a righe.
poi dopo mille ringraziamenti tornerete a fotografare l’evento importante e la cucitura d’emergenza reggerà per circa dieci minuti, per poi ristrapparsi. l’unica soluzione, se non siete stati attenti la mattina e vi siete messi per sbaglio le braghe rotte, sarà andare in giro per il resto della giornata con su il cappotto che è lungo quanto basta per coprirvi il culo scoperto.
e la giornata, nonostante il meteo avesse previsto una settimana eccezionalmente fredda, sarà invece eccezionalmente calda.
se poi, sempre la stessa mattina, avrete anche deciso di usare quel deodorante nuovo costosissimo privo di gas privo di alcool talmente naturale da funzionare pochissimo, come deodorante, arriverete alle quattro del pomeriggio in condizioni abbastanza brutte, almeno per quanto riguarda gli odori che provengono dalle vostre ascelle.
siate disinvolti e fate i simpatici. tutto andrà bene.
03.45, redenzione.
sono le tre e mezzo del mattino, non riesco a dormire, scrivo.
non riesco a dormire perchè oggi sono stato tutto il giorno a udine a prender su un lavoro, a parlare con delle agenzie, son partito da casa questa mattina alle nove, alle nove e mezzo mi hanno tamponato la macchina in un incrocio. che han fatto sembrare che era colpa mia, poi a pensarci bene colpa mia non era, domani mattina mi tocca tornare lì a litigare. queste cose, quando succedono, io poi non ci dormo la notte.
andare a udine oggi non ero da solo, c’era con me la mia account. sarebbe, l’account, per chi non ha dimestichezza, la persona che mi tiene poi i rapporti con le agenzie, che mi trova i lavori. chiamatela agente, chiamatela manager, chiamatela commerciale, account. e con la mia account collaboriamo da pochi mesi non ci conosciamo benissimo, siam lì che ci annusiamo. oggi, delle ore in macchina insieme un po’ abbiam parlato. ad un certo punto mi dice dovresti fare la fan page su facebook.
se non sapete fan page cosa vuol dire andate a cercare su wikipedia non è che posso spiegarvi sempre tutto io.
beh, le dico, non sono un artista di fama internazionale, che devo fare la fan page, e poi di fan mica ne ho, chi vuoi che si iscriva alla mia fan page, che sono uno stronzo, comunque se credi, se pensi sia utile, hai campo libero puoi mettere in piedi la mia fan page su facebook la gestisci poi tu.
ecco, appunto, lo sai cosa mi dicono certe persone quando vengono a sapere che sto lavorando con te?
cosa ti dicono?
dicono ma come fai a lavorare con tushio che è uno stronzo?
ma dai. e chi è che ti dice che sono uno stronzo?
questo non lo saprai mai.
che poi le ho detto dopo un po’, ma come fa la gente a dir che sono uno stronzo, ho fatto anche il sito del blog tutto rosa, non fa tenerezza?
eh, non basta, mi ha detto lei.
ci son rimasto male, fossi stato in lei avrei avuto una risposta migliore, avrei risposto che gli stronzi, anche a volerli pitturar di rosa, poi restano comunque quel che sono, degli stronzi pitturati di rosa.
ma va bene lo stesso, non è che poteva essere perfetta, la mia account, aver certe risposte pronte.
ad ogni modo, a voler tirare le somme, alcune considerazioni le posso anche fare.
una è che alla gente potrò anche stare sulle scatole, però qui sul blog ci son le statistiche delle visite, ogni giorno ci sono centinaia di persone che vengono a vedere cosa ho da scrivere cosa ho da fotografare. tre giorni fa, per dire, settecentoottantacinque visite documentate in un giorno, record.
e questa cosa volevo dirla solo per il piacere di dirla, non sapevo bene dove infilarla, l’ho infilata qui. volevo anche dire che quando vedo tutte queste visite al mio blog, mi vien difficile fare il superiore, far finta che è normale, per me non è normale che settecentoottantacinque persone al giorno vengano a veder cosa ho da scrivere, cosa ho da fotografare. no so dire se è una cosa bella o una cosa brutta, di certo l’ego un po’ me lo accarezza. quindi insomma volevo dire settecentoottantacinque, l’ho detto adesso. chissà poi se lo pensano tutti e settecentoottantacinque, che sono uno stronzo, il contatore delle visite questa informazione non la rileva.
poi c’è da dire anche un’altra cosa, così poi la sappiamo tutti e non stiamo più a nasconderci dietro al dito. se ho l’atteggiamento da stronzo non è perchè sono uno stronzo vero. è tutta una finta. mi serve per fare delle cose. la prima cosa, mi serve per tenere lontane le persone superficiali. quelli che mi vedono, mi parlano per cinque minuti e stabiliscono che sono uno stronzo, ecco quelle persone lì non mi interessa frequentarle. che i superficiali, se posso fare a meno di frequentarli, faccio a meno volentieri.
quelle persone invece che poi han voglia di capire il perchè e il percome, ecco, quelle son le persone che mi interessano.
poi mi è servito per arrivare fin qui. provate voi ad andar via di casa a diciannove anni e cominciare a cavarvela da soli facendo gli emozionali coi cuoricini. vi si mangiano vivi dopo dieci minuti. non mi sto vantando del fatto che sono andato via di casa a diciannove anni, sto solo dicendo che se ci provate, a cavarvela da soli emozionali coi cuoricini, vi si mangiano vivi per davvero, non scherzo.
e poi mi serve per fare il lavoro che faccio. lo so che qui intorno c’è pieno di gente che quando pensa alla fotografia pensa a un mondo fatto di tramonti, di pontili sul mare, di ritratti, di sperimentazione, di discussioni interminabili sui forum per stabilire una volta per tutte se la linea dell’orizzonte si deve tenerla storta o dritta, per litigare su quanta luce del flash assorbe un ombrellino. ecco, per me che mi ci guadagno da vivere da quattordici anni la fotografia è un’altra cosa. è amore e odio. e voglia di fare foto della madonna e litigare con le agenzie perchè i mei scatti devono costare cinque euro in più o in meno, è vivere nella speranza che settimana prossima mi firmino un preventivo per fotografare duecentocinquanta pezzi di carne del macellaio. è svegliarmi certe mattine con la voglia di andare a fotografare in bianco e nero su per le montagne, e altre mattine con la voglia di prender le macchine fotografiche spaccarle contro il muro e andare a cercare un altro lavoro, andare a lavorare nei campi.
il muso da stronzo viene puoi fuori da solo, non serve sforzarsi più di tanto.
due settimane fa mi han proposto di fare una mostra. sono più di dieci anni che non faccio una mostra con le mie fotografie, me lo han proposto tante volte dico sempre no grazie. perchè no? perchè secondo me le mostre fotografiche in italia sono una forma di masturbazione, e già pratico a sufficienza a casa.
rispondo così, in realtà penso un’altra cosa. la stessa cosa che ho pensato quando mi han proposto di fare questa mostra: sto sul culo a troppe persone, c’è il caso concreto che all’inaugurazione non viene nessuno ci troviamo lì in quattro io e gli organizzatori.
poi alla fine mi hanno convinto, si fa.
alla loggia del museo del cenedese a vittorio veneto, l’inaugurazione è sabato prossimo alle cinque del pomeriggio, vi aspetto lì.
darwinismi.
recentemente ho comprato un ipad. l’ipad lo sanno tutti è un aggeggio portatile serve a fare tante cose più o meno utili io l’ho comprato è comodo per presentare le mie foto ai clienti.
poi settimana scorsa ero lì che giravo su internet ho comprato due libri ma non dei libri normali, ho comprato due ebook. che cosa son gli ebook lo sanno tutti, sono i libri però in versione digitale li compri li scarichi da internet poi li leggi sull’ipad.
che ero diffidente ero anche un po’ scettico, i libri mi piace averli di carta dentro la mia libreria tenerli lì a prendere la polvere tirarli poi fuori quando mi servono, rileggerli, prestarli in giro però ero curioso ho comprato questi due ebook.
scritti da paolo nori, i due ebook che ho comprato, lo dico così per dare completezza di informazione.
allora dicevo in questi giorni sto leggendo i due ebook sull’ipad, mi trovo abbastanza bene, leggerli sull’ipad, stavo facendo anche delle riflessioni a valutare i pro e i contro di queste nuove tecnologie, ho pensato che i contro più rilevanti son quelli che non hai un libro di carta, se poi passa la moda degli ipad e degli ebook, poi va a finire che questi libri che ti sei comprato in formato digitale te li perdi non ce li hai più. e anche il fatto che non saprei come fare per prestare un ebook a un amico, dovrei prestargli tutto l’ipad con dentro l’ebook, non è una cosa comoda da fare.
questi sono i contro più rilevanti che mi son venuti in mente. poi ci sono i pro, gli ebook costan poco. li trovi su internet e non devi andare i libreria magari non ce l’hanno aspetti una settimana per farli arrivare, non occupano spazio che dentro l’ipad ce ne puoi infilare delle centinaia, poi anche delle cose a carattere sociale non indifferenti che sull’ipad puoi decidere quanto grande vuoi leggere i tuoi ebook, che conosco persone di una certa età che non leggono più perchè i libri son scritti piccoli fan fatica a leggere, ora non han più scuse.
poi, prima, ero lì sul divano con la signorina, lei stava leggendo un libro tradizionale, io stavo leggendo sul mio ipad ad un certo punto la signorina si è alzata ti va dell’anguria?
sì grazie.
poi ho pensato anche eh però adesso meglio che sto attento a non sbrodolarmi con l’anguria che se poi sbrodolo sull’ipad magari poi si rovina si rompe mi dispiacerebbe buttar via tutti i soldi che costa un’ipad per colpa dell’anguria. d’altro canto anche privarmi del piacere di mangiare dell’anguria mentre leggo un libro sul divano, son seccature.
allora, volevo dire che ho scoperto che nonostante le preoccupazioni iniziali l’anguria mentre si legge sull’ipad si riesce a mangiarla. il trucco è mangiare con una mano sola e stare molto attenti a non sbrodolare da tutte le parti, non si fanno dei danni.
roba che neanche il mago silvan.
ieri sera ero in un locale a fotografare, non stavo neanche tanto bene mi sa che tutti questi cambi di temperatura il mio fisico vecchio e stanco comincia a accusare i colpi secondo me ho la febbre ieri sera ero lì dovevo fare delle fotografie una fatica.
ad un certo punto mi si è avvicinata una, mi fa ma tu sei il famoso tuscìo? con l’accento sulla i. sono io.
ci vuol pazienza, va bene.
poi il problema vero è che ero molto stanco, con la febbre, la mia capacità di sopportazione era bassa e c’era pieno di donne giovani con ai piedi le ballerine. le scarpe, intendo. e io con le ballerine ho un problema grosso, mi fan scappare la voglia di figa istantaneamente. verso fine serata era tardi c’era una ragazza, abbastanza carina, molto minorenne, che era stata gentile mi aveva dato una mano a radunare delle persone che dovevo fotografare, solo, anche lei ai piedi le ballerine.
senti non ce la faccio, che mi stai simpatica sei stata anche gentile volevo dirti, se possibile le ballerine non te le mettere mai più.
non ti piacciono?
no, guarda scusami, non le sopporto.
ah, va bene.
ha aperto la borsetta, ha tirato fuori un paio di scarpe tacco dodici le ha messe per terra mi posso appoggiare un attimo?
si e appoggiata alla mia spalla, si è tolta le ballerine e si è arrampicata sul tacco dodici ha fatto sparire le ballerine nella borsetta.
ti è andata male che sei molto minorenne e che sono già molto innamorato della mia signorina, perchè fossi stato un uomo libero, dopo un colpo di scena così ti avrei limonata durissimo.
cito testualmente pt.IV
può un audiofilo essere felicemente sposato? nel mio caso no! pensate che sarei a questo livello di follia se avessi una moglie? lasciatemi chiarire i miei sentimenti politicamente scorretti: tutti gli ultimi tre decenni del movimento di liberazione della donna sono senza coerenza, per quanto mi riguarda, perchè non ho mai sentito una delle loro leader difendere l’importanza di creare un sistema audio domestico allo stato dell’arte. come può qualsiasi donna raggiungere livelli superiori di consapevolezza senza imparare come regolare lo stadio di uscita di un amplificatore push-pull?
harvey gizmo rosenberg
sommazione temporale sinaptica.
che quando scrivo nei titoli dei post robe che hanno a che fare col sesso, tipo porn for dummies, record di visite al mio blog. tutti di corsa a leggere. se scrivo nel titolo sommazione temporale sinaptica, ora voglio vedere in quanti venite a leggere le fesserie che scrivo.
comunque.
mi succede che a forza di correre in giro di lavorare sempre di dormire poco di mangiare quando capita mi si è incasinata la percezione temporale. venerdì stavo litigando con ginevra, finiamo di litigare le dico va bene dai mi dispiace scusami, ci vediamo domani.
perchè cosa succede domani?
ti laurei. ah no, domani è sabato, tu ti laurei martedì, ci vediam martedì.
lunedì chiamo un cliente gli dico guarda che mercoledì son dalle tue parti posso passare a trovarti? certo vieni pure. ieri era martedì, l’ho richiamato, scusa, quando ti ho detto che passavo? mi hai detto che passi domani, mercoledì. ah, gli ho detto io, mi era venuto il dubbio che ti avevo detto che passavo oggi che è martedì.
martedì mi chiama una cliente, dovevam fare un lavoro giovedì, non si riesce, lo rimandiamo a mercoledì della settimana dopo. va bene, nessun problema, buon finesettimana. e ho messo giù. la signorina era lì davanti a me mi guarda, ma cosa dici alla gente buon fine settimana che siamo solo a martedì?
poi con la signorina dovevam prenotare in un posto per andarci venerdì sera, bisognava prenotare con almeno due giorni di anticipo. le ho detto sarà il caso che oggi pomeriggio chiamiamo per confermare.
no, possiam confermare anche domani c’è tempo.
ma cosa dici, le ho detto, due giorni di anticipo ci vogliono, per venerdì, oggi è mercoledì.
no scemo, guarda che mercoledì è domani.
ah, già.
lo so che a leggere sta cosa non ci capite niente. ecco, nella mia testa, ultimamente, non si capisce niente neanche lì.
archivio mentale.
ogni fotografo che si rispetti ha in testa un bagaglio di immagini da cui attinge per fare le sue inquadrature, le sue luci.
che a forza di documentarsi, di veder le foto che fanno gli altri, il fotografo si stampa tutto nella testa e ogni volta che gli serve un’ispirazione va a pescare lì dentro.
e non è plagiare. ma una naturale e necessaria forma di reinterpretazione che serve a creare cose nuove.
ce l’ho anche io un bagaglio di immagini mentale, ma è molto piccolo. perchè sono pigro non ho mai tempo e voglia di andare a vedere cosa fanno gli altri fotografi e da sempre maschero questa pigrizia dietro la scusa che non mi va di copiare nessuno, che andare a vedere le idee e le luci degli altri mi inquinerebbe le mie idee la mia luce.
me la cavo solo perchè son fortunato che ho ancora voglia e passione e le idee le luci mi vengono fuori anche senza andare a documentarmi approfonditamente sui lavori dei miei colleghi.
il più delle volte vado a istinto. per dire, da qualche anno la parte più grossa del mio lavoro è far fotografie di arredamento, ultimamente meno perchè sto prendendo di nuovo altre strade, ma adesso questo non c’entra. e a fotografare arredamento per degli anni mi son sempre rifiutato di imparare a lavorare come lavora un fotografo di arredamento. questo discorso lo mollo qui perchè mi sono appena reso conto che se continuo a spiegare che differenza c’è tra fotografare un comodino con la testa di uno che fa il fotografo di comodini e invece fotografarlo con la testa di uno che fa finta di non aver mai visto un comodino in vita sua non ne vengo più fuori poi diventa una roba noiosa lascio stare tanto si è capito quel che intendo.
allora, dicevo, il bagaglio mentale di immagini da cui attingere e l’istinto del momento e fin qui ci siamo. poi ci son delle volte che per fare una fotografia il mio bagaglio di immagini è piccolo e non so dove andare a pescare e delle volte che l’istinto in quel momento lì per dei motivi suoi insondabili viene a mancare, mi tocca aggrapparmi a dei pensieri. che ne ho degli scatoloni pieni dentro la testa, catalogati, li tiro fuori per fare le fotografie. perchè quando le foto devono esprimere un sentimento l’unica maniera che ho per farle decentemente è attingere dalle mie emozioni. per dire, quelle volte che mi capita di dover fotografare una ragazza e devo fare una fotografia che trasmetta un po’ di carica erotica, mentre son lì che cerco la luce e l’inquadratura giusta smetto di pensare alla ragazza che devo fotografare e mi metto a pensare che sto facendo del sesso con la donna che amo. se devo fotografare un ragazzo e farlo sembrare affascinante, mi metto a pensare a quella volta che lavoravo come tecnico del suono all’arcigay di bologna e c’era uno che mi piaceva tanto mi ero quasi innamorato. se la foto poi deve esprimere rabbia, rivivo mentalmente l’incazzatura più grande della mia vita che non vi serve sapere qual è, e via così.
ne ho tanti di pensieri che uso per far le foto. li tiro fuori, smetto immediatamente di pensare a quel che ho davanti mi concentro sul pensiero che ho in testa e la foto viene fuori da sola.
da un paio di mesi ho inserito nell’archivo un pensiero nuovo molto bello ora ve lo racconto. ero a pordenone avevo accompagnato la signorina eravamo un po’ in anticipo ci siam bevuti un caffè in un bar e poi abbiam fatto due passi eravamo in questo caseggiato che c’è tra il centro di pordenone e la stazione dei treni ad un certo punto capitiamo davanti a una vetrina di una fumetteria chiusa abbandonata. ma abbandonata da anni. che quando l’han chiusa hanno messo dei fogli di carta da pacchi a coprire le vetrine dall’interno, col tempo son caduti giù, nelle vetrine ci son tutti i libri a fumetti le videocassette scoloriti dal sole e dal tempo, tutta una cosa monocromatica irreale, tra le due vetrine c’è la porta d’ingresso si vede dentro c’è il bancone della cassa, scaffali pieni di roba fumettistica tutto lasciato lì. mi ha preso una sensazione strana, che a passar davanti a queste vetrine è davvero una cosa impressionante sembra uno di quei film dove il mondo si è fermato a causa di un’epidemia, un’invasione di zombie, quelle cose lì e dopo degli anni le città sono deserte consumate dall’abbandono apocalittico. allora le ho chiesto, alla signorina, e a questo negozio cosa è successo?
mah, mi ha detto, era una fumetteria il titolare un giorno si è impiccato è rimasto tutto così.
non sapeva molto altro. un paio di giorni dopo ero in studio stavo parlando con michele che è di pordenone ha una discreta memoria storica gli ho chiesto della rivisteria, che si chiama rivisteria questo negozio abbandonato c’è l’insegna fuori. e mi ha raccontato michele che era di un signore che aveva un’edicola in centro e che poi un giorno aveva aperto anche questo negozio specializzato in manga giapponesi. e questo signore era di un’antipatia, di una scortesia rara. di quelli che quando entri nel suo negozio per comprare una cosa ti trattano come un pezzente, che ti fanno un piacere a badarti ad ascoltare le tue richieste, anche se hai da spendere dei bei soldi, che gli appassionati di fumetti io li ho visti li conosco escono dalle fumetterie con delle sporte piene di roba sacrificano buona parte dei loro proventi in questa loro passione. e allora niente, era un uomo molto scorbutico. poi un bel giorno, e parliamo di dieci anni fa, se vogliamo fidarci della memoria storica di michele, questo signore che a quanto pare era anche solo al mondo è andato in fallimento, ha preso è andato fino all’orrido della molassa si è tolto le scarpe le ha lasciate sul bordo della strada e si è buttato. che l’orrido della molassa sono andato a cercarmelo sulle fotografie satellitari di google, è un posto bellissimo appena viene bel tempo riaccendo la moto vado a farmici un giro non vedo l’ora che torni il caldo.
e il negozio come mai è rimasto lì abbandonato?
dice michele che con la storia del fallimento non son mai riusciti a mettersi d’accordo su come venderlo ci son state tutte delle beghe burocratiche non han più toccato niente.
e le scarpe? perchè ha mollato lì le scarpe?
dice michele che è una roba tipica ricorrente nei casi di suicidio quando le persone si buttano giù da grandi altezze, che lasciano lì le scarpe così poi qualcuno li trova schiantati anzichè rimanere dispersi per degli anni.
che non so se l’ha inventata al momento, questa cosa delle scarpe che i suicidi son soliti lasciarle lì per poi farsi ritrovare, non l’avevo mai sentita, comunque è una roba che sta in piedi è verosimile.
poi non mi bastava la memoria storica di michele sono andato a cercare su internet, della storia di questo negoziante non ho trovato nulla. l’unica roba ho trovato dei siti vecchi dove è segnalata e consigliata questa rivisteria specializzata in manga, con indirizzo e numero di telefono. che anche lì, è come se si fosse fermato il tempo a dieci anni fa, tutto congelato.
e insomma, tutta questa storia della fumetteria abbandonata in una maniera che sembra che il mondo si sia fermato per un’epidemia apocalittica, questo signore scorbutico che è fallito ed è andato a buttarsi nell’orrido della molassa lasciando lì le scarpe, questo pensiero l’ho messo nell’archivio insieme ai pensieri che uso per fare le foto, lo tengo lì prima o poi mi tornerà utile.
catarsi.
sempre a correre che sto lavorando tanto non pranzo non ceno son sempre in giro non mi fermo mai, anche il sabato e la domenica che per tirare in piedi i mirabolanti progetti che ho in testa non mi posso fermare un attimo sta succedendo che faccio una vita discretamente disastrosa. con delle ripercussioni, dei risvolti, che io non lo so.
poi ho passato un finesettimana un po’ tribolato sono arrivato al lavoro lunedì insonne avevo addosso una cattiveria ho fatto delle foto devo dire un po’ strane molto belle son state anche molto apprezzate. poi ieri era martedì non avevo più la cattiveria avevo della stanchezza mentale che ero a pelo di esaurimento ho fatto delle foto ancora devo dire un po’ strane molto belle molto apprezzate, ma secondo me a guardarmi si intuiva che era il canto del cigno. ieri sera son tornato a casa non ne potevo più, eran due giorni di fila che non mangiavo che non dormivo mi son fatto una pasta come si deve, col pomodoro e il peperoncino, poi avevo in sospeso dei lavori ho deciso di ignorarli mi son messo sul divano a guardare un film non lo facevo da settimane, guardare un film tranquillo da solo sul divano con ozy che mi dormiva tra le gambe. sono anche andato a letto ad un’ora decente ho dormito sette ore filate questa mattina son tornato in studio, non capivo niente.
oggi ho fatto delle foto bruttissime non mi venivano non riuscivo a concentrarmi. e credo che sia per colpa del mangiare del non far nulla del dormire di ieri sera. son convinto, che è colpa del mio comportamento malsano di ieri sera.
poi c’era una foto da fare, veramente difficilissima, oltre al fatto che non riuscivo a concentrarmi, era già la terza volta che la rifacevo da capo e ancora non piaceva a nessuno nemmeno a me, ma era un foto proprio difficile. ad un certo punto è passato michele, mi fa oh, ma ancora non ne vieni fuori?
eh, puttanavacca no, non va bene.
mi ha detto michele ma insomma si può sapere che foto vogliono?
in pratica, se non ho capito male, una merda, però profumata.
mi raccomando la maglia di lana.
la signorina che ogni tanto parte va a far le sue gite a un bel momento mi ha detto vado a berlino con delle mie amiche un po’ di giorni.
e io che per quel che mi riguarda sono uno scavezzacollo e del mondo che mi gira intorno mi interesso ben poco, per quel che riguarda gli affetti divento invece protettivo, stavam parlando le ho detto comunque insomma state attente andare in giro la sera da sole per berlino, vuoi che ti procuro uno spray al peperoncino da portarti dietro che non si sa mai?
e lei che è scavezzacollo anche peggio di me mi ha detto ma no che poi mi vien l’ansia, girare con lo spray al peperoncino.
beh, le ho detto, potresti allora girare con una confezione di wurstel nella borsetta. poi se succede che gironzolando vi capita la sfiga di incontrare un autoctono maleintenzionato tiri fuori prontamente i wurstel dalla borsetta, glieli agiti davanti alla faccia poi li lanci lontano. e appena l’autoctono maleintenzionato parte a correre dietro ai wurstel per acchiapparli, voi scappate via.
a crismas carol pt.II
è da molto che non scrivo, è per via del fatto che ultimamente con il mio lavoro di fotografo ci sono dei problemi, c’è la crisi, lo studio dove lavoro ci sono in piedi di quei disastri allora son tribolato. tribolato vuol dire che va ben la crisi dello studio dove lavoro, che la crisi ultimamente ce l’hanno addosso tutti, ma mica posso stare qui ad aspettare di veder la nave che affonda. quindi ho dei progetti in testa, delle cose mie fotografiche, adesso è prematuro parlarne però insomma tutte queste cose, ho la testa che macina in una direzione soltanto, certi giorni arriva ad essere snervante, trovare anche le forze per scrivere è una cosa in più.
poi, volevo approfittare per raccontare, una settimana fa nel bel mezzo di tutti questi macinamenti fotografici è arrivato anche un deficiente a dirmi che secondo lui non ho passione per la fotografia. me l’avesse detto in un altro contesto storico avrei anche abbozzato, ma venire a dirmelo in questo periodo qui è stata una di quelle occasioni della mia vita in cui mi è venuta seriamente voglia di menar le mani. ma ci vuol pazienza con certa gente.
poi ora è natale, il natale se fosse per me continuerei tranquillamente a macinare con la testa, a programmare le cose che devo tirare in piedi nei prossimi mesi, che del natale da quando ho raggiunto l’emancipazione mentale non è che me ne sia importato più molto. e invece, pausa. che il natale lo passo coi miei genitori mia sorella a bergamo, questi giorni son fisicamente lontano dai progetti dai macinamenti mentali, e allora mi riposo la testa. ho comprato anche dei libri da leggere che ho del tempo per leggere. prima ero sul divano dei miei genitori, ozy che mi russava tra i piedi, stavo leggendo questo libro si chiama autobiografia della mia infanzia, ugo cornia, edizione 2010 topipittori dieci euro lo trovate in tutte le migliori librerie. e ugo cornia ha scritto dentro questo libro una cosa bellissima della sua infanzia che appena l’ho letta mi son venuti in testa tutti dei ricordi della mia, di infanzia. che questa cosa me l’ero completamente dimenticata e invece era proprio così, quando da piccoli andavamo al cinema coi genitori succedeva spesso una cosa che adesso sarebbe impensabile e invece a quei tempi era davvero normale, arrivavamo al cinema che il film era già cominciato da un bel pezzo, o stava addirittura per finire, entravamo in sala e ci sedevamo col film che stava finendo, guardavamo il finale. poi si riaccendevano le luci dopo dieci minuti il film ricominciava daccapo e vedevamo la parte del film che ci eravamo persi prima. quando arrivava il punto del film dove avevamo iniziato a vederlo, se era un bel film lo riguardavamo fino alla fine, altrimenti ci alzavamo e andavamo via.
pirpì piripì piripì pt.II
questa mattina alle sei e quaranta puntuale come sempre tranne quando mi rapiscono gi alieni è partita la radiosveglia, alla radio stavano passando una canzone era whole lotta love dei led zeppelin. solo, non erano i led zeppelin che suonavano.
la voce l’ho riconosciuta subito era quella di chris cornell. e mentre ero lì che mi svegliavo pensavo questo qui secondo me è chris cornell cavoli che voce è proprio bravo. poi è partito l’assolo di chitarra, ero ancora lì che mi ribaltavo nel letto, orcocane che brutto assolo di chitarra. peccato se no whole lotta love dei led zeppelin rifatta da chris cornell sarebbe stata una roba proprio bella. mi son tirato su dal letto, ho acceso il computer mentre mi infilavo un paio di braghe, sono andato a cercare su google chris cornell whole lotta love. che se chris cornell ha fatto un disco nuovo e io non ne so niente è anche il caso che mi affretto a comprarlo. e invece ho scoperto che questa versione di whole lotta love dei led zeppelin è un brano suonato da carlos santana e contenuto in un disco di carlos santana che si chiama guitar heaven: the greatest guitar classics of all time, mentre chris cornell è ospite di carlos santana e canta. che lo sanno tutti, magari non lo sanno tutti, carlos santana è un chitarrista ma non è capace di cantare, quando fa i dischi invita i cantanti famosi a cantare sulle sue canzoni.
ecco spiegato perchè l’assolo di chitarra mi è sembrato immediatamente orribile. che a differenza di chris cornell, che anche se si mette a cantare giro giro tondo mi piace comunque da matti, carlos santana io non l’ho mai sopportato. quindi il disco di carlos santana, anche se c’è dentro ospite chris cornell, col cavolo che lo compro.
mi sono appena reso conto che ho detto un po’ una bugia, chris cornell ha avuto recentemente uno scivolone stilstico mica da ridere ha fatto un disco con uno che si chiama timbaland si chiama scream, il disco, una roba di pop elettronico veramente inascoltabile. quindi il discorso su chris cornell che canta giro giro tondo funziona fin là.
comunque.
tutta questa storia per dire che una soddisfazione personale l’ho avuta, da questa faccenda. che certe volte mi vien da chiedermi quanto il mio senso critico derivi da dei preconcetti miei, da una durezza mentale. che mi dispiacerebbe scoprire che se uno che mi sta sulle balle fa una roba meritevole poi la considero una merda a priori solo perchè quello lì mi sta sulle balle, senza esser capace di valutare il suo gesto artistico in maniera oggetiva.
e invece ora ho una prova tangibile che del mio senso critico posso ancora abbastanza fidarmi. tutto qui.
piripì piripì piripì.
una possibilità che non c’entrassero gli alieni col fattaccio di ieri, una possibilità in effetti c’era.
del tipo che magari la mia radiosveglia a vederla da fuori sembra perfetta, e invece dentro son successe tutte delle cose, dei decadimenti della materia, delle saldature cedevoli, c’è la possibilità che ieri mattina la mia sveglia non mi avesse svegliato in quanto non più funzionante.
magari non ci avete pensato voi a questa possibilità concreta che vi siete bevuti subito la storia del rapimento alieno, ci ho pensato io.
ieri sera sono andato a dormire dopo diverse birre, ho guardato la sveglia sul comodino coi suoi allarmi puntati, ho pensato domattina io e te facciamo i conti.
e questa mattina, che mi son svegliato un po’ prima di lei per veder cosa faceva se davvero si era rotta, la aspettavo al varco, la mia sveglia ha funzionato alla perfezione. alle sei e quaranta è partita la radio, alle sette in punto piripì piripì piripì, il secondo allarme di sicurezza.
e allora cosa volete che vi dica, ora non ho più dubbi.
prima o poi doveva succedermi.
questa mattina ho aperto gli occhi, in camera c’era tanta luce. ero lì che mi ribaltavo nel letto ho pensato oh, ieri mattina quando è suonata la sveglia c’era un gran buio, si vede che oggi c’è il sole è una bella giornata. poi ero ancora lì che mi ribaltavo nel letto, pensavo chissà quanto manca alla sveglia. il tempo di ritrovar gli occhiali, guardo la sveglia, le nove e quarantaquattro. no dai, impossibile. prendo su il cellulare dal comodino, guardo, la conferma, nove e quarantaquattro.
allora ho fatto immediatamente alcune valutazioni logiche. la prima, la mia radiosveglia digitale elettronica non ha mai fallito, ha ben due allarmi, uno che parte alle sei e quaranta con la radio, poi per sicurezza alle sette in punto si mette a fare piripì piripì piripì. ho controllato, gli allarmi eran puntati tutti e due, tutto regolare.
la seconda valutazione logica, io dormo poco. nel senso che ho la sveglia biologica, normalmente durante la settimana mi sveglio da solo appena prima della radiosveglia, anche il finesettimana senza la sveglia alle sette apro gli occhi. poi mi rendo conto che è sabato e dormo ancora un po’.
e quando proprio dormo fino a tardi, e tardi per me vuol dire tipo le dieci, è perchè la sera prima ho bevuto ottomila birre fino alle quattro del mattino sono andato a letto con la testa che mi scoppiava.
solo, ieri sera, ho lavorato un po’ al computer, a mezzanottemmezzo ero a dormire. bevuto neanche una birretta.
allora, alla luce di tutte queste considerazioni, l’unica spiegazione plausibile è che io questa notte son stato rapito dagli alieni.
mi son tirato su dal letto, infilato un paio di braghe, son venuto di corsa in studio che c’è un sacco di roba da fare.
che noia.
tutta sta menata di internet dei blog dei fotoblog dei ciulablog dei feisbuc dei maispeis sarà anche bella, però ci son dei momenti mi sembra che è tutto così:
guardate le mie fotografie che belle che sono vi piacciono? dai dai ditemi che vi piacciono. dai dai dai e allora? vi piacciono? sono un bravo fotografo vero? ah che bravo che sono. dai ditemi che sono bravo. sono bravo. grazie.
e le robe che scrivo? son belle son divertenti son sagaci, vero? in quanti venite a leggere le robe belle divertenti sagaci che scrivo? andiamo a controllare. sì siete tanti. ah come siete tanti. e vi piace come scrivo? eh? dai dai dai son bravo? dai dai dai ditemi che son bravo. sono bravo. grazie.
e quando suono vi piace la roba che suono? son bravo vero? e che bel suono che esce dal mio amplificatore. ho un bel suono vero? dai ditemi che sono bravo. sono bravo. grazie.
e son bello e alto e simpatico vero? dai ditemi che sono bello alto e simpatico. sono bello vero? dai guardatemi che bello che alto che simpatico che sono. dai dai dai ditemi che sono bello alto e simpatico. sono bello alto e simpatico. grazie.
e mi volete bene? dai almeno un po’? dai dai dai ditemi che mi volete bene. mi volete bene? bene. grazie.
e pensare che fino a un po’ di tempo fa per appagare un po’ l’ego bastava che mi tiravo una sega.
chest pain waltz pt.V
quella cosa che ho raccontato una volta che mi hanno intervistato, ne parlavo qui in un post che si chiama un ricco omaggio un ricco tributo un ricco noscimento, ho raccontanto che l’amica psicologa di una mia amica aveva detto che secondo lei per affrontar la vita ho bisogno di alcuni strumenti, senza faccio fatica. la fotografia, la scrittura, la musica. la psicologa diceva anche che le donne le uso come degli strumenti. che lì sul momento quando è saltata fuori questa cosa un po’ mi ero spaventato. che intanto il verbo usare, riferito a una donna che mi piace, che fastidio. e poi anche strumento, addirittura. che parola brutta.
e invece aveva ragione, la psicologa.
che mi sono accorto, la signorina che in questi giorni non c’è e io di notte non dormo niente. la uso come uno strumento. quando c’è, intendo. si capisce quindi perchè non dormo.
in pratica, fa da apparato filtrante.
funziona così, quando dorme nella mia spalla, magari a lei sembra che sta solo dormendo, e invece fa una cosa bellissima neanche si accorge respira l’aria, la butta fuori e quell’aria la respiro poi io. prende il mondo, se lo tira dentro e poi lo fa uscire con il suo profumo addosso.
ecco. di notte, respirare l’aria senza che prima l’abbia filtrata lei, mi passa la voglia di dormire.
che poi chissà come la prende, che scrivo pubblicamente queste cose un po’ innamorate, conoscendola è facile che prima di salir sull’aereo per tornare qua mangia un panino con la cipolla.
non sarebbe neanche la prima volta.
chest pain waltz pt.IV
io vivo col nervosismo. che ci son delle volte il nervosismo mi entra nel corpo, comincia a spaccare tutto quello che trova.
ai tempi delle superiori facevo il liceo classico andavo in giro a scrivere nei bagni, col pennarello indelebile, hysteria magistra vitae, ora questo non c’entra ma mi è venuto in mente.
il nervosismo non saprei stare senza mi serve per fare le cose. per dire, le fotografie, senza il nervosismo, non riuscirei a farle bene. che ho lavorato con diversi fotografi, con diversi studi fotografici, quando stavo bene, che era tutto tranquillo, tutto filava liscio, facevo delle gran foto di merda. inguardabili, proprio. quando invece sto male, a fotografare, che son tormentato, dei capolavori.
poi ci son delle volte che il nervosismo non riesco a farlo andare dalla parte che vorrei, si trasforma in panico. quando ho un problema che non riesco a risolverlo, comincio a pensare solo a quel problema lì, non ne vengo più fuori. che delle volte sento parlare della gente che ha gli attacchi di panico. non lo so se i miei son proprio degli attacchi di panico. so solo che comincio a girare avanti e indietro per casa penso solo al mio problema che non riesco a risolvere non dormo più.
in queste settimane, un po’ capolavori, un po’ panico.
in casa mia vive anche un cane, lo sanno tutti, la ozy, me l’hanno regalata più di due anni fa è un cane di razza è una bull terrier. che sarebbe uno di quei cani che usano per i combattimenti ha la mandibola più potente al mondo invece la ozy è un cane buonissimo. non lo dico mica per dire, è proprio un cane buono. allora, in queste settimane, vado in giro con ozy, la gente ha paura del mio cane, invece dovrebbe aver paura di me.
queste storie quando si parla dei cani, ho notato, in genere raccolgono l’interesse solo delle persone che gli piacciono i cani, quelli che i cani non gli piacciono, si disinteressano immediatamente smettono di leggere.
comunque. ieri, due volte.
sono uscito la mattina sono andato con ozy alla plurisecolare mostramercato degli uccelli di serravalle, a vittorio veneto, la fanno a ferragosto, c’erano gli uccelli, ozy scodinzolava, c’eran delle poiane, ozy scodinzolava, gli scoiattoli, i rettili, le galline, i gatti africani, i dobermann, che alla plurisecolare mostramercato degli uccelli di serravalle vengono un po’ tutti, mica solo gli uccelli, ozy scodinzolava con tutti quanti. è divertente andare in giro con ozy.
a un certo punto ci è venuta fame, ero con lello potete chiedere a lui vi dice che è andata proprio così, ci fermiamo alla cassa per prendere dei panini, vicino alla cassa c’era uno che si beveva una birra con la sua morosa e con un cane grosso nero, tipo un pitbull, ozy scodinzolava al pitbull, questo qua si è messo a dirmi ebbè? allantanati che si mordono! ma con un tono, mi ha dato proprio fastidio non ci ho visto più non avevo nemmeno voglia di discutere gli ho detto io devo far lo scontrino se il tuo cane è cattivo vedi di levarti tu dai coglioni. l’ho guardato in un modo che ha capito che se diceva ancora una parola gli saltavo addosso e lo mordevo io. mi son girato per fare lo scontrino. lui si è levato dai coglioni.
poi la sera ero in giro per la plurisecolare mostra dell’artigianato a cison di valmarino, non è vero che è plurisecolare, la fanno solo da trentanni c’era pieno di gente ozy scodinzolava a tutti quanti. c’era pieno anche di forze dell’ordine, lungo il viale c’erano anche due dell’anarcotici con i cani antidroga. che si vede che alla mostra dell’artigianato la gente ci va per spaccarsi di canne io non avrei immaginato quando ero giovane fumavo le canne andavo a spaccarmi di canne nei centri sociali no alle mostre dell’artigianato. stavamo passeggiando c’era anche la duse, potete chiedere a lei vi dice che è andata proprio così, siam passati vicino a questi due dell’anarcotici, ozy scodinzolava ai cani antidroga e quello con la divisa mi dice ebbè? allontanati! che anche lì, un tono, dei modi, gli ho detto cattivo cosa c’è sto passeggiando, ti dà fastidio? e l’altro con la divisa, no sai, per evitare… per evitare cosa? gli ho detto allontanati tu, testa di cazzo. e ho tirato dritto. poi dopo mezz’ora li abbiamo incrociati ancora questi due dell’anarcotici coi cani, mi han visto arrivare, han cambiato strada.
quando non avevo ancora vent’anni vivevo coi miei genitori volevo far delle cose, mio padre c’eran delle volte che mi diceva finchè ti mantengo io decido io. e questa cosa mi faceva venire un nervosismo, mi entrava nel corpo, cominciava a spaccare tutto quello che trovava. avevo dei problemi grossi, gestire il rapporto con mio padre, che mi diceva che era lui a mantenermi, decideva lui, non ce la facevo più. sono andato via di casa ho iniziato a lavorare, a mantenermi da solo, a decidere io. poi una volta, è stato l’anno scorso, son tornato a bergamo un finesettimana mio padre aveva restaurato la macchina del nonno, che è poi la macchina che ho guidato per prima avevo sette anni, in sicilia, l’anno scorso mio padre l’ha restaurata mi ha detto allora ti va di provarla? siam partiti siamo andati a farci un giro io e lui appena fuori bergamo guidavo io, ad un certo punto eravam fermi a un semaforo l’ho guardato e per un momento mi è sembrato che avevamo la stessa faccia, che eravamo due persone uguali che stavano in una vecchia macchina a dire cose come senti che bel motore, senti come cambia bene le marce, mi è sembrato che in quel momento lì, finalmente dopo degli anni, io e mio padre avevamo fatto pace.