cito testualmente pt.XI
Un po’ di tempo fa mentre facevo la Bazzanese mi è successa una cosa stupefacente. Una sera, mentre stavo tornando giù dalla montagna solo con una ragazza, era una delle prime volte che facevo la Bazzanese con questa ragazza, volendo fare il suggestivo a un certo punto le ho detto che stavamo passando in un punto in cui avevo trascorso uno dei cinque pomeriggi più tristi della mia vita. Le avevo detto che tra breve, finite le case, sarebbe comparso sulla destra un palasport in mezzo a un parchetto con molti alberi dentro il quale c’era una panchina sulla quale avevo pianto tre ore abbracciato a una ragazza. Avevamo pianto in un modo terribile in quanto avevamo deciso di non vederci più perché io stavo con un’altra. Quando a un certo punto ho detto alla mia amica che il punto esatto era lì, appena finivano le case, il punto esatto invece non era lì. Il palasport non c’era per niente, al suo posto c’era un campo da calcio che con la mia vita non c’è mai entrato niente.
Allora in quel momento mi è presa una allegria bestiale perché mi ricordavo ancora tutte le volte che mi ero detto che quel posto non me lo sarei mai scordato. Invece me lo sono scordato e l’ho sbagliato. Per tre o quattro anni tutte le volte che sono passato in quel posto mi si sono bagnati gli occhi e mi è venuto il cuore in gola. Tutte le volte ho accelerato per scappare via. Tutto questo, evidentemente, adesso è finito nella dimenticanza.
Perciò ho detto alla mia amica che mi sembrava un fatto bellissimo per me di aver sbagliato pari pari e non aver riconosciuto quel posto. Perché capisse la mia improvvisa soddisfazione le ho detto che provasse a pensare a come sarebbe di sollievo, se per esempio io e lei avessimo una storia che deve finire in un modo analogo, con tre ore di pianti e abbracciamenti durante i quali pensi che vorresti morire (anche se vivere così non è necessario), come sarebbe bello, già mentre sei abbracciato che piangi, pensare con sollievo che tra qualche anno, cinque, sei, dieci, tu non ricorderai più in modo nitido quello star male. Tu, invece di dire lì un pomeriggio sono stato malissimo e volevo scomparire, racconterai a una persona che da qualche parte, nel giro di quindici chilometri, ci deve essere un posto dove un pomeriggio devi esser stato male. E ti rendi conto che un sacco di tristezza, anche densa, nel corso del tempo è diventata sempre più vaga e sta finendo nella dimenticanza. Quei discorsi per me erano così rinfrancanti che mi sono messo a superare tutti perché avevo veramente voglia di andare fortissimo.
Quando sono arrivato a casa mi ricordo che mi sono chiesto come mai i pensieri più belli vengono sempre mentre uno va in macchina. C’è qualcosa nel guidare, soprattutto se sei solo in macchina con una donna, deve essere il fatto di muoversi, che smuove gli strati bassi del cervello.
Ugo Cornia, Sulla felicità a oltranza, ed. Sellerio, 1999
a crismas carol pt.II
è da molto che non scrivo, è per via del fatto che ultimamente con il mio lavoro di fotografo ci sono dei problemi, c’è la crisi, lo studio dove lavoro ci sono in piedi di quei disastri allora son tribolato. tribolato vuol dire che va ben la crisi dello studio dove lavoro, che la crisi ultimamente ce l’hanno addosso tutti, ma mica posso stare qui ad aspettare di veder la nave che affonda. quindi ho dei progetti in testa, delle cose mie fotografiche, adesso è prematuro parlarne però insomma tutte queste cose, ho la testa che macina in una direzione soltanto, certi giorni arriva ad essere snervante, trovare anche le forze per scrivere è una cosa in più.
poi, volevo approfittare per raccontare, una settimana fa nel bel mezzo di tutti questi macinamenti fotografici è arrivato anche un deficiente a dirmi che secondo lui non ho passione per la fotografia. me l’avesse detto in un altro contesto storico avrei anche abbozzato, ma venire a dirmelo in questo periodo qui è stata una di quelle occasioni della mia vita in cui mi è venuta seriamente voglia di menar le mani. ma ci vuol pazienza con certa gente.
poi ora è natale, il natale se fosse per me continuerei tranquillamente a macinare con la testa, a programmare le cose che devo tirare in piedi nei prossimi mesi, che del natale da quando ho raggiunto l’emancipazione mentale non è che me ne sia importato più molto. e invece, pausa. che il natale lo passo coi miei genitori mia sorella a bergamo, questi giorni son fisicamente lontano dai progetti dai macinamenti mentali, e allora mi riposo la testa. ho comprato anche dei libri da leggere che ho del tempo per leggere. prima ero sul divano dei miei genitori, ozy che mi russava tra i piedi, stavo leggendo questo libro si chiama autobiografia della mia infanzia, ugo cornia, edizione 2010 topipittori dieci euro lo trovate in tutte le migliori librerie. e ugo cornia ha scritto dentro questo libro una cosa bellissima della sua infanzia che appena l’ho letta mi son venuti in testa tutti dei ricordi della mia, di infanzia. che questa cosa me l’ero completamente dimenticata e invece era proprio così, quando da piccoli andavamo al cinema coi genitori succedeva spesso una cosa che adesso sarebbe impensabile e invece a quei tempi era davvero normale, arrivavamo al cinema che il film era già cominciato da un bel pezzo, o stava addirittura per finire, entravamo in sala e ci sedevamo col film che stava finendo, guardavamo il finale. poi si riaccendevano le luci dopo dieci minuti il film ricominciava daccapo e vedevamo la parte del film che ci eravamo persi prima. quando arrivava il punto del film dove avevamo iniziato a vederlo, se era un bel film lo riguardavamo fino alla fine, altrimenti ci alzavamo e andavamo via.