Articoli con tag “fotografia

una di quelle robe che non andrebbero scritte su un blog che si chiama sposilove.

ieri ero qui in studio a far delle foto c’era anche il cliente.

questo cliente è uno di quelli che ci tengono, quando fotografo i suoi prodotti è sempre presente.
è una cosa che fa piacere.

ed è un cliente di quelli che ce ne vorrebbero di più di clienti così. nel senso che è una persona molto a modo, molto distinto, un industriale d’altri tempi. sia nel modo di presentarsi che di comportarsi, umanamente e professionalmente.

non è perfetto, eh, che per i primi due anni che ho fotografato per lui ogni volta mi arrivava qua col preventivo di qualche altro fotografo che si proponeva a prezzi più bassi, ci è voluta della pazienza per convincerlo che non è che siccome ci sono in giro i fotografi disperati devo disperarmi pure io. e c’è stata una volta che ero vestito con dei jeans e una camicia e un maglione e mentre fotografavo chiacchieravamo del più e del meno e non so come è saltato fuori un discorso che si parlava dei giovani e lui mi ha detto beh ma anche lei, così dal vestire, lei è uno, come si dice, un punk, no? e anche adesso che son quattro anni che fotografo per lui quando deve dirmi qualcosa due volte su tre non si ricorda come mi chiamo, mi chiama signor coso.

però, devo dirlo, è una bella persona e davvero ce ne fossero di più di clienti così.

e ieri pomeriggio era qui stavo fotografando dei suoi prodotti nuovi e ad un certo punto ero inginocchiato per terra stavo facendo un’inquadratura dal basso e così, chiacchierando come si fa tanto per dir qualcosa ho detto eh, che la morosa ha ragione anche lei ogni tanto quando mi rompe le scatole a dirmi che farei bene a vestirmi un po’ meglio, al lavoro, ma son sempre a strofinarmi di qua e di là, arrivo a sera che son tutto zozzo, mica posso vestirmi elegante.

che poi, forse, era anche una maniera mia per far passare il messaggio al cliente che c’è un motivo se non lo accolgo in giacca e cravatta, che lui invece arriva sempre con la cravatta, per dire che insomma non è che vado in giro in studio coi jeans e la felpa col cappuccio perchè sono punk, ma perchè col lavoro che faccio, mettermi elegante, non ci riesco.

e lui ha detto beh è fortunato che ha solo una morosa che le rompe un po’ le scatole. perchè se invece aveva una moglie, allora vedeva che gigantesche rotture di coglioni.

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per i fotografi professionisti.

oggi tanto per cambiare non sono incazzato con i fotografini quelli finti senza partita iva che lavorano a niente pur di poter raccontare agli amici al bar che loro, nella vita, fanno i fotografi.

oggi ho dei problemi da risolvere invece coi professionisti, quelli con la partita iva. a voi mi rivolgo e vi chiedo, perchè tanto lo so che venite qui a leggere le fesserie che scrivo, da voi voglio sapere cosa ne avete fatto dei diritti di utilizzo. li avrete mica nascosti da qualche parte insieme alla vostra dignità? lo chiedo perchè nei miei preventivi c’è sempre scritto da qualche parte che i diritti di utilizzo sulle immagini li cedo per tot anni e per ben determinati usi. mica che ci possono fare tutto quel che gli passa per la testa per sempre.

questa è una breve lista delle cose che mi sento dire dai clienti ormai giornalmente:

i diritti d’utilizzo? cosa sono? gli altri fotografi non mi hanno mai chiesto nulla di simile. le foto le pago quindi sono mie ci voglio fare tutto quello che voglio. e quanto mi costerebbe tra tot anni rinnovare ed estendere i diritti d’utilizzo? (risposta: e chi lo sa quanto sarà aumentata la benzina tra tot anni?) eh ma non siamo mica a milano, qui da noi i diritti d’utilizzo non si chiedono. gli altri fotografi i diritti d’utilizzo non li chiedono, se vuoi lavorare non li devi chiedere neanche tu. eh sì il preventivo l’ho visto, va molto bene, ma questa cosa sui diritti d’utilizzo potrebbe influire negativamente in maniera determinante.

queste son le più simpatiche, poi se volete continuo.
ora, cari colleghi, posso anche esser disposto a trentacinque anni a far finta di essere scemo e di figurare come quello giovane che si affaccia ingenuamente sul mercato. ma portarmi sulle spalle il retaggio del vostro modo brutto di fare i professionisti è tanto pesante. io ci provo ad essere onesto, a lavorare a cifre di mercato ragionevoli, a non fare concorrenza sleale, e in questo mestiere ci ho investito tutta la mia vita da quando ho potuto iniziare a investire del mio sulla mia vita. ma non posso essere responsabile del fatto che voi, per lavorare, per portarvi a casa i vostri dannatissimi clienti, per vincere le vostre guerre tra poveri, abbiate abbassato le braghe e vi siate fatti infilare nel didietro ma porcocane lasciam stare che se no divento pesante.

vi auguro ogni bene, continuate così.

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corso online di fotografia applicata pt.III

sono andato in piazza a treviso ieri sera c’era uno spettacolo di marco paolini con mario brunello in quartetto d’archi. scusate il ritardo, si chiamava lo spettacolo.

se non sapete chi è marco paolini chi è mario brunello non è che posso sempre star qui a spiegarvi le cose, fatevi una cortesia e andate a documentarvi.

dicevo, tutto bello, paolini dopo diciotto anni che gli voglio molto bene comincia a stufarmi un pochino, la seconda parte delle robe che ha raccontato, che raccontava dello spettacolo di carmelo bene con la birra scura e il guttalax la sapevo già a memoria, ma fa niente gli voglio bene lo stesso. mario brunello che invece non l’ho mai incrociato più di tanto, purtroppo, per via del fatto che non mi era mai capitata l’occasione, ha aperto la serata con un pezzo suo, ha messo apposto tutti. una cosa grande.

ma volevo parlare di un’altra cosa. i fotografi.

che quando ho iniziato a fotografare mi capitava di andare molto spesso a fotografare eventi, concerti, spettacoli teatrali. ora un po’ meno mi chiamano in teatro tre o quattro volte all’anno. anche se la fotografia di spettacolo è una cosa che mi piace moltissimo, vorrei farne di più, ma ora non c’entra. quello che volevo dire, c’è sempre stata una regola non scritta, dice la regola non scritta che i fotografi accreditati, e solo quelli, posson stare sotto il palco a gironzolare e fotografare per dieci minuti dall’inizio della faccenda. e poi fuori dai coglioni.

che la gente dovrebbe aver diritto di veder quel che deve vedere senza i fotografi che si agitano brandendo vistosamente il settantaduecento.
e ancor di più, quelli che stan sul palco a fare il loro mestiere dovrebbero avere il diritto di fare il loro mestiere senza aver questi dieci scassapalle che gli girano davanti e dietro in continuazione. e che fotografano col flash, per dio.

da un po’ di tempo a questa parte invece è sempre peggio. mi ricordo una volta al deposito giordani a pordenone a sentire il teatro degli orrori, c’erano i fotografini arrampicati ovunque. due settimane fa al bianconiglio a sentire i cyborgs c’eran due stronzi che in un’ora di concerto avran scattato duemila foto. tutte uguali, penso, visto che i cyborgs sul palco si muovono al pari dei gatti di marmo. ma mica solo quelle volte lì, è una cosa oscena ovunque sempre da tutte le parti, mi viene un nervoso.

una roba che dico sempre ai miei corsisti, e preparatevi che tra poco i corsi ricominciano, verso la fine del corso io lo dico a tutti con queste precise parole: sappiate che mi capita di uscir di casa, di andare a teatro, ai concerti. sembro tanto buono ma dentro son cattivo. e voi che avete fatto il corso se vi trovo in giro vi riconosco, siete avvisati. se vi becco a un concerto a fotografare col flash, o se peggio ancora vi trovo a teatro che fotografate e non avete tolto il bip bip che fa bip bip ogni volta che mettete a fuoco, a me non me ne frega un tubo se siete abusivi, se siete professionisti, se avete la partita iva oppure no. io se vi becco a teatro a un concerto con il flash e col bip bip vengo lì vi prendo per un orecchio e vi faccio fare il giro della piazza a calci nel culo.

che brutto umore che ho addosso anche oggi.

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gli sfizi bisogna levarseli tutti, son fatti apposta.

quando scrivo di fotografia a me sembra di ammorbare le persone con le mie tiritere, poi guardo le statistiche, che io qui dentro posso vedere quante visite ci sono ogni giorno, c’è pieno di gente.

e allora, cosa volete che vi dica, parliamo di fotografia.

è successo che mi sono emozionato. non in quella maniera becera che vedo spesso in giro. sembra che per fare delle fotografie si debba per forza contornarsi di un’aura da nerd romantici. così poi magari si tira su più figa. forse. non lo so, se lo fanno per tirare su più figa. io tutte le robe che ho fatto nella vita, la componente del tirar su figa è sempre stata molto forte. tipo suonare la chitarra, fare il giornalista, fare il fotografo, andare in giro con la moto, son tutte cose che ho sempre fatto soprattutto perchè mi piace farle, e poi anche perchè a farle si tira su più figa che a non farle.

però ho sempre cercato di mantenere un po’ di contegno. nel senso, nessuno mi ha mai sentito dire cose come vado in giro in moto perchè il brivido della follia che mi pervade inseguendo il sole che tramonta mi fa sentire vivo, o che fotografo perchè in quell’istante tocco l’anima di chi sto fotografando perdendomi con lei in un universo turbinante fatto di emozione, luce e gaiezza.

e mica per fare il vero maschio, che chi mi conosce bene sa che sotto questo fisico martoriato dalla vita batte un cuore insicuro e tremolante. semplicemente perchè non mi sono mai sentito in dovere di decorare le cose che faccio per farle sembrare più profonde di quel che sono. vale a dire già belle così senza bisogno di aggiungere fronzoli fatti di aggettivi messi a caso e buoni sentimenti.

e quindi, questa volta che voglio raccontare del fatto che mi sono emozionato, mi tocca fare tutto questo preambolo per non rischiare di fare la figura di quello che vuole far sembrare che tocca le anime e poi si perde negli universi turbinanti pieni di emozione.

ho iniziato a fotografare quando c’era la pellicola, avevo vent’anni, ne son passati quattordici, ho comprato una macchina fotografica russa poi mi sono appassionato alla fine avevo un corredo di cinque corpi macchina, obiettivi, accessori, due borsoni pieni di roba, andavo a fotografare matrimoni.
poi ho preso a lavorare negli studi fotografici pubblicitari importanti, negli studi usi le attrezzature dello studio, le mie macchine fotografiche son rimaste ferme nell’armadio per degli anni. anche perchè quando fotografi otto ore al giorno cinque giorni su sette per lavoro, il finesettimana la voglia di andare a fare foto per gli affari tuoi non ti sfiora. men che meno durante le vacanze. poi è arrivato il digitale, ho venduto tutte le mie vecchie macchine fotografiche a pellicola quando ancora valevano qualcosa.

quest’anno ho smesso di lavorare per gli studi fotografici degli altri, ho aperto il mio studio, ormai lo sanno anche i sassi, ho tutte le mie attrezzature digitali professionali, tra una cosa e l’altra mi ha preso un po’ di nostalgia per la pellicola, ho messo insieme un po’ di gente stiamo allestendo una camera oscura dentro il mio studio per fare sviluppo e stampa in bianco e nero, non pensiate che racconto questa cosa per fare pubblicità, si tratta di un’associazione di persone senza scopi di lucro. e cosa è successo, che se volevo rimettermi a fare qualche foto in pellicola bianco e nero mi serviva una macchina fotografica analogica, le mie le avevo vendute tutte anni fa. sono andato su ebay, ho fatto acquisti, è arrivata ieri. è una macchina fotografica che quando avevo vent’anni me la sognavo di notte, costava troppo. a quei tempi ne avevo due del modello appena inferiore, che costavano usate un milione, più o meno. questa costava ancora di più, mi sarebbe piaciuto averla, ma non ne valeva la pena, le mie andavano benissimo, era uno sfizio che non potevo levarmi.

beh, l’ho comprata. quaranta euro più spedizione.
è arrivata ieri, mi sono emozionato.


il problema è che tra questi c’è anche della gente a cui voglio del bene.

son partito con lo studio nuovo e anche se non ho scelto un momento storico propizio all’apertura di una nuova attività sta andando bene.

sono un po’ incarognito perchè quasi tutte le volte che i clienti mi chiedono dei preventivi poi mi sento dire che chiedo troppi soldi mentre invece a me sembra che sto chiedendo i soldi giusti e poi mi sento anche dire guarda che fotografi come te ne arrivano due a settimana certo magari non bravi come te ma chiedono meno e quindi i prezzi si abbassano per tutti.

e ad andare avanti così per dei mesi io ve lo assicuro le manie di persecuzione vengono a chiunque.

ora, lasciamo per un attimo perdere certi colleghi fotografi professionisti, quelli meno bravi di me, che vanno in giro con le braghe calate pur di lavorare, poi con loro me al vedo io, non preoccupatevi prima o poi chiuderanno bottega sommersi dai debiti e dalle loro orribili foto.

vorrei analizzare per un attimo un’altra problematica. c’è in giro un sacco di gente che fa il suo bel lavoro stipendiato che con la fotografia non c’entra nulla, un lavoro normale qualsiasi, o che sta a casa mantenuto da mamma e papà, o quel che è, che va in giro a far lavoretti. reportage, ritratti, matrimoni, fotografie per le agenzie pubblicitarie addirittura. gente brava a fotografare, mica per forza dei brocchi. gente che si è sbattuta per imparare a far delle foto come si deve e a forza di provarci i risultati si vedono anche.

solo, c’è un fatto, non è che esser bravi a fotografare sia sufficiente per poter dire di essere fotografi.

è successo che da alcuni anni si sta un pochino abusando della parola fotografo. si dovrebbe dire fotografo come si dice avvocato, chirurgo, professore di fisica quantistica, panettiere, netturbino, idraulico, cuoco.  il fotografo in quanto tale, anche se può sembrare fastidioso, è una figura professionale.

mi spiego, potete leggere tantissimi libri di anatomia, potete comprare anche delle attrezzature costose, tipo un camice verde, bisturi, ago e filo, potete fare anche molta pratica nella cantina di casa vostra, ma questo non farà di voi dei chirurghi. va da sè che se avete comprato una macchina fotografica da qualsiasimila euro, questo non basta a fare di voi dei fotografi. anche se le vostre fotografie sono belle e piacciono a tutti. ieri sera, vi faccio altri esempi così capite, ho detto una cosa molto intelligente e profonda mentre bevevo delle birre al bar, e la gente al tavolo ha molto apprezzato il mio pensiero. ma continuo a non essere un filosofo.

mi avvio a concludere, se no poi sembra solo il lamento di un pazzo. se volete fare i fotografi, se volete dire che siete dei fotografi, se volete farvi pagare dei soldini per le vostre fotografie, nessuno ve lo impedisce. a me personalmete fa anche piacere confrontarmi con dei colleghi bravi, mi stimola a fare sempre meglio. solo, abbiate la dignità e il coraggio di lasciare il vostro lavoro fisso con lo stipendio fisso, la tredicesima, le ferie pagate, le malattie pagate ed entrate a piedi pari nel grande mondo della fotografia professionale. che è fatto di attrezzature da comprare e da aggiornare e da riparare quando si rompono, di studi fotografici da allestire, di affitti, di mutui, di leasing, di fatture, di partite iva, di pagamenti a novanta giorni, di dichiarazioni dei redditi, di studi di settore, di tasse da pagare, di anticipi inps, di arrivare a fine mese coi soldini guadagnati fotografando. e poi voglio vedere se i soldini che chiederete per fare i vostri lavoretti cominceranno ad essere un po’ di più, non la miseria che chiedete adesso pur di togliervi lo sfizio di dire a voi stessi che siete fotografi.

se non ve la sentite, posso capirlo. continuate a godervi la tredicesima e usate la vostra attrezzatura per scattare tutte le fotografie che volete, ma vi prego non mettetevi a venderle. e fatevi entrare in testa che non c’è nulla di vergognoso nel definirvi fotoamatori.

grazie.


roba che neanche il mago silvan.

ieri sera ero in un locale a fotografare, non stavo neanche tanto bene mi sa che tutti questi cambi di temperatura il mio fisico vecchio e stanco comincia a accusare i colpi secondo me ho la febbre ieri sera ero lì dovevo fare delle fotografie una fatica.

ad un certo punto mi si è avvicinata una, mi fa ma tu sei il famoso tuscìo? con l’accento sulla i. sono io.

ci vuol pazienza, va bene.

poi il problema vero è che ero molto stanco, con la febbre, la mia capacità di sopportazione era bassa e c’era pieno di donne giovani con ai piedi le ballerine. le scarpe, intendo. e io con le ballerine ho un problema grosso, mi fan scappare la voglia di figa istantaneamente. verso fine serata era tardi c’era una ragazza, abbastanza carina, molto minorenne, che era stata gentile mi aveva dato una mano a radunare delle persone che dovevo fotografare, solo, anche lei ai piedi le ballerine.

senti non ce la faccio, che mi stai simpatica sei stata anche gentile volevo dirti, se possibile le ballerine non te le mettere mai più.

non ti piacciono?

no, guarda scusami, non le sopporto.

ah, va bene.

ha aperto la borsetta, ha tirato fuori un paio di scarpe tacco dodici le ha messe per terra mi posso appoggiare un attimo?

si e appoggiata alla mia spalla, si è tolta le ballerine e si è arrampicata sul tacco dodici ha fatto sparire le ballerine nella borsetta.

ti è andata male che sei molto minorenne e che sono già molto innamorato della mia signorina, perchè fossi stato un uomo libero, dopo un colpo di scena così ti avrei limonata durissimo.


primo aprile.

sono arrivato in studio stamattina che è venerdì neanche il tempo di prendere un caffè mi ha detto il titolare dello studio dove sto lavorando: guarda che oggi sei da solo,  l’altro fotografo non c’è.

bene. c’è una vagonata di foto da fare.

e domani mattina saresti libero per venire qui a lavorare?

domani è sabato?

eh sì.

pesce.

cosa?


venerdì epifania.

son stato via quasi due settimane dallo studio dove lavoro di solito, son tornato oggi c’era radioerrediesse.

che abbiamo la radiofonia in diffusione per tutto lo stabile, studio fotografico, uffici e balle varie, la postazione di comando della radio diffusione è in ingresso.

allora cosa succede, che la persona che lavora lì in ingresso mette sempre la radio su radioerrediesse. che è una di quelle radio commerciali brutte che mettono dieci canzoni a rotazione sempre le stesse dieci tutto il giorno. vasco ligabue nannini antonacci jovanotti lady gaga giusi ferreri vasco ligabue nannini antonacci jovanotti lady gaga giusi ferreri vasco ligabue nannini antonacci jovanotti lady gaga giusi ferreri. che otto ore di fila a far lavorare la testa mentre cerchi di fare fotografie decenti, aver di sottofondo della musica di merda sempre la stessa è una roba brutta.

allora quando passo durante la pausa pranzo dalle parti della postazione di controllo della radio, di nascosto metto su radiodue. o su radiocapital. virginradio, delle volte. che non è che siano delle radio belle, però insomma, un po’ meglio di radioerrediesse. il problema è che dura poco, prima o poi la radio viene riposizionata su radioerrediesse non c’è niente da fare.

dicevo oggi sono arrivato in studio a lavorare, radioerrediesse. vasco, nannini eran solo le otto del mattino.

ed è successo che la mia giornata al lavoro è cominciata con un’epifania. una visione, per quelli che non sanno che roba è l’epifania. nella mia testa la mia giornata è iniziata con vasco che gli suona il campanello va ad aprire c’è la nannini tutta nuda. vasco la fa entrare la sdraia a pancia sotto sul divano e comincia a penetrarla analmente senza tanti convenevoli. e mentre son lì tutti e due sudati che godono e urlano di piacere nel salotto buono arriva un meteorite che colpisce la casa di vasco e li disintegra.


archivio mentale.

ogni fotografo che si rispetti ha in testa un bagaglio di immagini da cui attinge per fare le sue inquadrature, le sue luci.
che a forza di documentarsi, di veder le foto che fanno gli altri, il fotografo si stampa tutto nella testa e ogni volta che gli serve un’ispirazione va a pescare lì dentro.

e non è plagiare. ma una naturale e necessaria forma di reinterpretazione che serve a creare cose nuove.

ce l’ho anche io un bagaglio di immagini mentale, ma è molto piccolo. perchè sono pigro non ho mai tempo e voglia di andare a vedere cosa fanno gli altri fotografi e da sempre maschero questa pigrizia dietro la scusa che non mi va di copiare nessuno, che andare a vedere le idee e le luci degli altri mi inquinerebbe le mie idee la mia luce.

me la cavo solo perchè son fortunato che ho ancora voglia e passione e le idee le luci mi vengono fuori anche senza andare a documentarmi approfonditamente sui lavori dei miei colleghi.

il più delle volte vado a istinto. per dire, da qualche anno la parte più grossa del mio lavoro è far fotografie di arredamento, ultimamente meno perchè sto prendendo di nuovo altre strade, ma adesso questo non c’entra. e a fotografare arredamento per degli anni mi son sempre rifiutato di imparare a lavorare come lavora un fotografo di arredamento. questo discorso lo mollo qui perchè mi sono appena reso conto che se continuo a spiegare che differenza c’è tra fotografare un comodino con la testa di uno che fa il fotografo di comodini e invece fotografarlo con la testa di uno che fa finta di non aver mai visto un comodino in vita sua non ne vengo più fuori poi diventa una roba noiosa lascio stare tanto si è capito quel che intendo.

allora, dicevo, il bagaglio mentale di immagini da cui attingere e l’istinto del momento e fin qui ci siamo. poi ci son delle volte che per fare una fotografia il mio bagaglio di immagini è piccolo e non so dove andare a pescare e delle volte che l’istinto in quel momento lì per dei motivi suoi insondabili viene a mancare, mi tocca aggrapparmi a dei pensieri. che ne ho degli scatoloni pieni dentro la testa, catalogati, li tiro fuori per fare le fotografie. perchè quando le foto devono esprimere un sentimento l’unica maniera che ho per farle decentemente è attingere dalle mie emozioni. per dire, quelle volte che mi capita di dover fotografare una ragazza e devo fare una fotografia che trasmetta un po’ di carica erotica, mentre son lì che cerco la luce e l’inquadratura giusta smetto di pensare alla ragazza che devo fotografare e mi metto a pensare che sto facendo del sesso con la donna che amo. se devo fotografare un ragazzo e farlo sembrare affascinante, mi metto a pensare a quella volta che lavoravo come tecnico del suono all’arcigay di bologna e c’era uno che mi piaceva tanto mi ero quasi innamorato. se la foto poi deve esprimere rabbia, rivivo mentalmente l’incazzatura più grande della mia vita che non vi serve sapere qual è, e via così.
ne ho tanti di pensieri che uso per far le foto. li tiro fuori, smetto immediatamente di pensare a quel che ho davanti mi concentro sul pensiero che ho in testa e la foto viene fuori da sola.

da un paio di mesi ho inserito nell’archivo un pensiero nuovo molto bello ora ve lo racconto. ero a pordenone avevo accompagnato la signorina eravamo un po’ in anticipo ci siam bevuti un caffè in un bar e poi abbiam fatto due passi eravamo in questo caseggiato che c’è tra il centro di pordenone e la stazione dei treni ad un certo punto capitiamo davanti a una vetrina di una fumetteria chiusa abbandonata. ma abbandonata da anni. che quando l’han chiusa hanno messo dei fogli di carta da pacchi a coprire le vetrine dall’interno, col tempo son caduti giù, nelle vetrine ci son tutti i libri a fumetti le videocassette scoloriti dal sole e dal tempo, tutta una cosa monocromatica irreale, tra le due vetrine c’è la porta d’ingresso si vede dentro c’è il bancone della cassa, scaffali pieni di roba fumettistica tutto lasciato lì. mi ha preso una sensazione strana, che a passar davanti a queste vetrine è davvero una cosa impressionante sembra uno di quei film dove il mondo si è fermato a causa di un’epidemia, un’invasione di zombie, quelle cose lì e dopo degli anni le città sono deserte consumate dall’abbandono apocalittico. allora le ho chiesto, alla signorina, e a questo negozio cosa è successo?

mah, mi ha detto, era una fumetteria il titolare un giorno si è impiccato è rimasto tutto così.

non sapeva molto altro. un paio di giorni dopo ero in studio stavo parlando con michele che è di pordenone ha una discreta memoria storica gli ho chiesto della rivisteria, che si chiama rivisteria questo negozio abbandonato c’è l’insegna fuori. e mi ha raccontato michele che era di un signore che aveva un’edicola in centro e che poi un giorno aveva aperto anche questo negozio specializzato in manga giapponesi. e questo signore era di un’antipatia, di una scortesia rara. di quelli che quando entri nel suo negozio per comprare una cosa ti trattano come un pezzente, che ti fanno un piacere a badarti ad ascoltare le tue richieste, anche se hai da spendere dei bei soldi, che gli appassionati di fumetti io li ho visti li conosco escono dalle fumetterie con delle sporte piene di roba sacrificano buona parte dei loro proventi in questa loro passione. e allora niente, era un uomo molto scorbutico. poi un bel giorno, e parliamo di dieci anni fa, se vogliamo fidarci della memoria storica di michele, questo signore che a quanto pare era anche solo al mondo è andato in fallimento, ha preso è andato fino all’orrido della molassa si è tolto le scarpe le ha lasciate sul bordo della strada e si è buttato. che l’orrido della molassa sono andato a cercarmelo sulle fotografie satellitari di google, è un posto bellissimo appena viene bel tempo riaccendo la moto vado a farmici un giro non vedo l’ora che torni il caldo.

e il negozio come mai è rimasto lì abbandonato?
dice michele che con la storia del fallimento non son mai riusciti a mettersi d’accordo su come venderlo ci son state tutte delle beghe burocratiche non han più toccato niente.

e le scarpe? perchè ha mollato lì le scarpe?
dice michele che è una roba tipica ricorrente nei casi di suicidio quando le persone si buttano giù da grandi altezze, che lasciano lì le scarpe così poi qualcuno li trova schiantati anzichè rimanere dispersi per degli anni.
che non so se l’ha inventata al momento, questa cosa delle scarpe che i suicidi son soliti lasciarle lì per poi farsi ritrovare, non l’avevo mai sentita, comunque è una roba che sta in piedi è verosimile.

poi non mi bastava la memoria storica di michele sono andato a cercare su internet, della storia di questo negoziante non ho trovato nulla. l’unica roba ho trovato dei siti vecchi dove è segnalata e consigliata questa rivisteria specializzata in manga, con indirizzo e numero di telefono. che anche lì, è come se si fosse fermato il tempo a dieci anni fa, tutto congelato.

e insomma, tutta questa storia della fumetteria abbandonata in una maniera che sembra che il mondo si sia fermato per un’epidemia apocalittica, questo signore scorbutico che è fallito ed è andato a buttarsi nell’orrido della molassa lasciando lì le scarpe, questo pensiero l’ho messo nell’archivio insieme ai pensieri che uso per fare le foto, lo tengo lì prima o poi mi tornerà utile.


click.

ecco fatto, grazie mille.

ma me la fai vedere subito la foto?

no.

come no? dai sul monitorino della macchina.

no.

ma dai, perchè no?

perchè no.


a crismas carol pt.II

è da molto che non scrivo, è per via del fatto che ultimamente con il mio lavoro di fotografo ci sono dei problemi, c’è la crisi, lo studio dove lavoro ci sono in piedi di quei disastri allora son tribolato. tribolato vuol dire che va ben la crisi dello studio dove lavoro, che la crisi ultimamente ce l’hanno addosso tutti, ma mica posso stare qui ad aspettare di veder la nave che affonda. quindi ho dei progetti in testa, delle cose mie fotografiche, adesso è prematuro parlarne però insomma tutte queste cose, ho la testa che macina in una direzione soltanto, certi giorni arriva ad essere snervante, trovare anche le forze per scrivere è una cosa in più.

poi, volevo approfittare per raccontare, una settimana fa nel bel mezzo di tutti questi macinamenti fotografici è arrivato anche un deficiente a dirmi che secondo lui non ho passione per la fotografia. me l’avesse detto in un altro contesto storico avrei anche abbozzato, ma venire a dirmelo in questo periodo qui è stata una di quelle occasioni della mia vita in cui mi è venuta seriamente voglia di menar le mani. ma ci vuol pazienza con certa gente.

poi ora è natale, il natale se fosse per me continuerei tranquillamente a macinare con la testa, a programmare le cose che devo tirare in piedi nei prossimi mesi, che del natale da quando ho raggiunto l’emancipazione mentale non è che me ne sia importato più molto. e invece, pausa. che il natale lo passo coi miei genitori mia sorella a bergamo, questi giorni son fisicamente lontano dai progetti dai macinamenti mentali, e allora mi riposo la testa. ho comprato anche dei libri da leggere che ho del tempo per leggere. prima ero sul divano dei miei genitori, ozy che mi russava tra i piedi, stavo leggendo questo libro si chiama autobiografia della mia infanzia, ugo cornia, edizione 2010 topipittori dieci euro lo trovate in tutte le migliori librerie. e ugo cornia ha scritto dentro questo libro una cosa bellissima della sua infanzia che appena l’ho letta mi son venuti in testa tutti dei ricordi della mia, di infanzia. che questa cosa me l’ero completamente dimenticata e invece era proprio così, quando da piccoli andavamo al cinema coi genitori succedeva spesso una cosa che adesso sarebbe impensabile e invece a quei tempi era davvero normale, arrivavamo al cinema che il film era già cominciato da un bel pezzo, o stava addirittura per finire, entravamo in sala e ci sedevamo col film che stava finendo, guardavamo il finale. poi si riaccendevano le luci dopo dieci minuti il film ricominciava daccapo e vedevamo la parte del film che ci eravamo persi prima. quando arrivava il punto del film dove avevamo iniziato a vederlo, se era un bel film lo riguardavamo fino alla fine, altrimenti ci alzavamo e andavamo via.


stavolta i vecchi pomponi son loro, mica io.

è successo che mi han chiamato a fotografare in teatro un concorso per giovani suonatori di strumenti ad arco.

la prima sera è andata bene. la seconda sera prima di cominciare è arrivato lì il direttore artistico mi ha detto senti, ci sarebbe un problema, la giuria ha chiesto che il fotografo non fotografi i finalisti mentre suonano, per non disturbarli. quindi dovresti fotografarli solo quando arrivano sul palco che fanno l’inchino. per il resto devi essere invisibile e non devi emettere alcun rumore.

eh, gli ho risposto, allora vado a casa che facciam prima.

che quando arriva qualcuno che vuole spiegarmi come si fa il mio lavoro in genere cominciano subito a girarmi i maroni.

invece ho portato pazienza, abbiam discusso un attimo, gli ho detto di stare tranquillo che nessuno si sarebbe accorto della mia presenza.

insomma, poi son successe anche delle altre cose, con questo direttore, ci siamo incrociati di nuovo a fine serata, non sto qua a raccontarla per filo e per segno perchè non interessa a nessuno come è andata di preciso la faccenda.

sta di fatto che mi è sembrato che in tutte e due le serate i finalisti che si esibivano sul palco con i loro violini, le loro viole, i loro violoncelli, eran ragazzi che andavano dagli undici ai ventotto anni o giù di lì, non fossero assolutamente disturbati dalla mia presenza. anzi, appena si accorgevano che li stavo fotografando si mettevano anche un po’ in posa. e poi dopo il concerto venivano a chiedermi ma le foto per averle cosa dobbiam fare?

ecco posso sbagliarmi ma forse era la giuria, che era composta da persone che andavano dai settanta ai centoventi anni, ad esser disturbata dalla presenza del fotografo. e visto che per non disturbare la giuria io la seconda sera ho fatto delle foto che non son contento per niente, delle foto che ho fatto, che mi è toccato stare lontanissimo dal palco immobile senza spostarmi mai, adesso mi vien da dire a queste persone della giuria, al direttore artistico, che se è pur vero che continuano da quattrocento anni a suonare sempre gli stessi spartiti, è vero anche che la gente che quegli spartiti li suona nel frattempo un po’ è cambiata. e sarebbe il caso che se ne rendessero conto.


ah che donna pt.II

parlavo con una certa signorina, ieri sera, prima di addormentarci, le dicevo che ero un po’ tribolato. che è un periodo un po’ così, nell’ultimo mese ho speso troppi soldi, cambiato la macchina fotografica, preso un computer portatile tra una settimana mando a rottamare la fiestina e arriva l’auto nuova, ieri son passato dal concessionario a lasciar giù l’assegno. insomma, son rimasto senza soldi, ora finchè non mi pagano la fattura dell’ultimo mese qui al lavoro ho il conto in banca vuoto il bancomat bloccato ho venti euro nel portafoglio mi servono per far benzina non posso neanche comprar le sigarette, finchè non mi arriva l’accredito dell’ultima fattura son poverissimo.
poi c’è un altro fatto, che le ultime due settimane in studio c’era da consegnare le foto per il salone del mobile di milano, abbiam lavorato come i matti, fatto tardissimo tutte le sere, ora i lavori li abbiam consegnati tutti, questa settimana non c’è più niente da fare siamo qui fermi, ieri pur di fare qualcosa mi son messo ad aggiustare i fari rotti, arrivare a sera un’insoddisfazione, che stare fermo tutto il giorno qui in studio io non son capace, mi annoio, torno a casa nervoso.
allora, le dicevo alla signorina ieri sera, ho la testa per aria, un gran giramento di maroni, son poverissimo e domani al lavoro non ho niente da fare tutto il giorno.
lei mi diceva eh vedrai che tra poco ti arriva l’accredito in banca non ti preoccupare, domani al lavoro magari visto che non hai niente da fare ti metti lì e scrivi qualcosa, è da un po’ che non scrivi.
è vero,  è tanto che non scrivo. il fatto è che è un periodo che sto bene, io quando sto bene non mi viene da scrivere, mi passa l’ispirazione. lei mi diceva, ma non è vero che stai bene, hai appena detto che sei tribolato.
non le sfugge niente, alla signorina.


sono un vecchio pompone, mi stan sul culo i giovani.

nello studio dove lavoro ogni tanto arrivano gli stagisti.
gli stagisti, lo sanno tutti, son giovani studenti, le scuole li mandano per qualche settimana a veder come funziona la vita nei posti di lavoro.
io lavoro in uno studio fotografico, da noi arrivano gli stagisti di una scuola che si chiama scienze multimediali della comunicazione. mi pare che si chiama così questa scuola, non sono sicuro. comunque una cosa del genere. ce ne arrivano quattro o cinque ogni anno, di stagisti di scienze multimediali della comunicazione, che da grandi vorrebbero fare i fotografi.
mi piace da matti, quando arrivan gli stagisti, che son gente di diciotto diciannove anni, provare a fargli delle domande. sulla fotografia, voglio vedere cosa ne sanno, che in questa scuola gli insegnano la fotografia, agli stagisti, di fotografia non sanno niente. il banco ottico, faccio per dire, non l’han mai sentito nominare. tempo, diaframma, niente. tecniche di illuminazione, manco a parlarne.
e va bene.
poi mi prende lo sconforto, smetto di chiedere della fotografia, che ormai l’ho capito che a scuola non ti insegnano niente di utile per il lavoro che vuoi fare quando finisci di studiare, passo alla cultura generale.
la costituzione, per esempio, te lo sai che cos’è la costituzione?
non lo sanno. dico, nessuno.
solo una volta uno stagista lo sapeva, mi ha risposto sì, al corso di nuoto me l’han fatta, la visita.
di cosa, scusa?
della costituzione, no? sana e robusta.


non son qua a far ballare la scimmia.

se ho le balle visibilmente girate per questioni extralavorative, mentre sto lavorando non dovete assolutamente:

a. passare davanti alle luci.
b. entrare sul set appena pulito con le scarpe sporche.
c. sfiorare la macchina fotografica tra uno scatto e l’altro.

quando mi trovate in condizioni normali e contravvenite alle tre regole posso anche far finta di niente o riderci addirittura sopra. ma in questi giorni è meglio se ci state attenti.

sempre che non vogliate assistere a una ridicola scenata da fotografo_checca_isterica.


ah che donna e altre considerazioni interessanti.

t – amo, vado via un paio d’ore a padova dove mi han preso con l’autovelox così faccio le foto per il ricorso.

g – eh, vai piano.

stavo ascoltando gli iron maiden mentre andavo a far le foto all’autovelox padovano, questo fatto che the number of the beast inizia uguale a oh when the saints go marching in sarebbe da approfondire.

la pista ciclabile di vittorio veneto, io non c’ero mai stato.
che ho due cani che mi giran per casa, quando parlo con la gente magari salta fuori che ho due cani le ragazze mi dicono sempre ah te sei uno di quei maschi tipici che vanno in giro col cane in pista ciclabile per abbordare le donne. solo, io, la pista ciclabile non c’ero mai stato neanche da solo, figuriamoci con ozy e lemmy. anzi, a dire la verità non son mai andato nemmeno in giro con i cani per abbordare le ragazze. ozy ha un certo innegabile fascino, probabilmente tirerei su un sacco di donne, a girare con ozy. allora, dicevo, io in pista ciclabile non c’ero mai stato, sono andato ieri. mica da solo, sono andato con ozy e lemmy. c’era con me anche una signorina che frequento da un po’ di tempo. quindi che non mi si venga a dire che porto i cani a passeggio in pista ciclabile per abbordare le ragazze. anche se a dir la verità ad un certo punto è passata una a cavallo, molto carina. ozy le è corsa dietro per un pezzo, io rincorrevo ozy, poteva essere un’occasione buona per abbordare la cavallerizza, da un punto di vista puramente teorico.

tutto questo per dire che io in pista ciclabile non c’ero mai andato, ci sono andato ieri. la pista ciclabile di vittorio veneto, io non pensavo, è bellissima. non sono un esperto, ma mi sa che non ce ne sono in giro tante di piste ciclabili fatte così bene.

t – amo, son tornato.

g – hai fatto belle foto?