le gite.
certe conversazioni sono illuminanti.
che a parlare di stronzate e andare in giro a far casino siamo dei professionisti, ma quando c’è da fare discorsi seri, siamo ancora più bravi.
prendere coscienza delle continue delusioni provocate dalla gente che ci gira attorno è il motivo scatenante dei suddetti discorsi seri.
negli ultimi tempi ho mandato a cagare un sacco di persone. eccezion fatta per una manciata di amici senza i quali credo farei una gran fatica a vivere, ma che comunque a pensarci bene non sono irrinunciabili nemmeno loro, per il resto mi son fatto il vuoto intorno.
per quanto mi sia venuto spontaneo, farmi il vuoto intorno, e io in genere vado matto per i mei processi mentali spontanei, arrivato ad un certo punto non ho potuto fare a meno di chiedermi il perchè.
il perchè avevo provato un po’ di tempo fa a spiegarlo addirittura a mia madre, come sempre preoccupata per la mia vita a suo modo di vedere assurda, ma senza riuscirci. forse non ce l’avevo ancora ben chiaro nella testa nemmeno io. e invece, al termine di una telefonata, poco fa, con una certa persona che come al solito non vi dico chi è, ho capito.
in poche righe, giusto per dare un’idea, poi volendo si potrebbe anche approfondire ma non è questa la sede.
negli ultimi dodici anni mi sono spaccato il culo per diventare quel che sono ora, e non parlo di prestigio sociale o economico, perchè non ne ho.
a conti fatti, per quale motivo dovrei attorniarmi di persone che si avvicinano dando a intendere di aver fatto le mie stesse fatiche, di avere le mie stesse attitudini, di avere le spalle larghe quanto le mie, e poi dover sopportare il fastidio di vedere quelle stesse persone crollare in maniera sistematicamente imbarazzante alla prima occasione?
se avessi voluto fare il maestro di vita e portarmi dietro dei discepoli, probabilmente avrei scelto un diverso percorso di studi, un diverso lavoro, persino una diversa faccia. e anche in quel caso, non avrei sopportato gli allievi che pensano di poter montare sull’autobus della gita senza prima essersi fatti un bell’anno di merda inchiodati all’ultimo banco della mia scuola.
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